martedì 20 settembre 2016

RENE’ DESCARTES

1 – Cenni biografici.

1596-1618: di salute cagionevole, nasce a La Haye da una famiglia agiata e, ai libri troppo ‘speculativi’ del famoso Collegio gesuitico di La Fleche (dove riceve una deludente educazione d’ispirazione tomista), preferisce ben presto ricercare la propria autonomia di giudizio “nel gran libro del mondo”;
1618-1640: dopo anni di vita militare (presso Breda, agli ordini di Maurizio d’Orange) si stabilisce in Olanda, dove va maturando i suoi scritti più importanti (“Discorso sul metodo”, come introduzione ad un progettato "Trattato sul mondo", e “Meditazioni metafisiche”, in risposta alle diverse obiezioni);
1641-1650: stringe rapporti epistolari con padre Marsenne (animatore della vita filosofica parigina), con Elisabetta del Palatinato (per la quale scrive “Le passioni dell’anima”) e con Cristina di Svezia (cui accetta di impartire lezioni private, e presso la quale muore per un attacco di polmonite).


2 - Dalla 'dottrina' dell'Essere alle 'teorie della conoscenza'.

Descartes inaugura quell’indirizzo razionalistico secondo cui, ‘prima’ di ragionare, occorre interrogarsi sul 'cosa' sia la ragione stessa: la sua filosofia segna quindi il passaggio dalla vecchia ‘dottrina’ dell’Essere alle nuove teorie ‘della conoscenza' (che ‘smontano’ la ragione come si farebbe con una macchina). In termini esemplificativi, la sua riflessione può infatti esser ricondotta a due diversi momenti o fasi di sviluppo:

  • 1° momento (fase ‘destruens’) nel quale il filosofo s’interroga circa il grado di ‘affidabilità’ delle ‘facoltà’ umane (i ‘sensi’ e, quindi, la ‘ragione’)
- Dinanzi a un cesto pieno di mele, si esamina ogni singola mela (dubbio ‘metodico’) per ‘buttar via’ tutte quelle mele ‘marce’ che – come verità ‘non-evidenti’ - mostrano di compromettere la bontà del cesto nel suo insieme;

  • 2° momento (fase ‘costruens’) nel quale il filosofo s’interroga circa le possibili ‘cause’ dei diversi tipi di ‘idee’ o concetti (sensibili, razionali e, quindi, ‘intellettive’)
– Una volta svuotato il cesto di tutte le mele rivelatesi marce (dubbio ‘iperbolico’) – e facendo leva sulla ‘indubitabilità’ del cogitare – si ‘torna a riempirlo’ di tutte quelle mele che possono essere riconosciute come ‘buone’.

3 – Pars destruens: le regole del 'metodo' e la loro applicazione.

a) Per un 'nuovo' sapere (le ‘regole’ del metodo).

Alla luce di una concezione della matematica come scienza “dell’ordine e della misura” (scienza il cui ‘linguaggio’ simbolico è ‘auto-referenziale’), il filosofo si propone d’indagare la corrispondenza o meno fra ciò che ‘si pensa’ e ciò che ‘si esperisce’ attraverso l’applicazione di 4 regole fondamentali, e cioè:
  1. non accettare mai nulla per vero o falso che non risulti esser tale con assoluta evidenza (‘certezza’ dell’immediato);
  2. dividere sempre ogni problema nei suoi singoli e diversi elementi costitutivi (‘analisi’ delle parti colte nella loro semplicità);
  3. partire sempre dall’analisi delle parti più semplici per poi passare all’analisi delle parti più complesse (‘sintesi’ delle relazioni complesse);
  4. compiere enumerazioni così complete, e revisioni così generali, da esser certi di non aver omesso nulla (‘correttezza’ delle procedure seguite) …

… laddove è ad ogni singolo passaggio che l’uomo può cadere ‘in errore’ in quanto è ad ogni singolo passaggio che, egli, può indebitamente spingersi a ‘voler’ riconoscere come ‘evidente’ – cioè ‘chiaro’ (intuibile ‘con immediatezza’) e ‘distinto’ (‘non confuso’ con altro) - anche ciò che, tale, non ‘è’.

b) La 'applicazione' delle regole (verità sensibili e verità razionali) e la scoperta del 'cogito'.

Non senza prima predisporsi, prudentemente, a cambiare se stesso piuttosto che il mondo o gli altri (morale provvisoria) - il Descartes inizia la sua indagine decidendo di applicare:
a) non la totalità delle regole all’oggetto della conoscenza (ovvero alla totalità dei campi di conoscenza, in un lavoro che sarebbe risultato di per se impossibile da portare a termine);
b) ma la sola prima ‘regola’ al soggetto stesso della conoscenza ... cioè a quella stessa ‘ragione’ cui l’uomo ricorre nel formulare ed organizzare ogni possibile conoscenza (dubbio ‘metodico’) … 
… una prospettiva, questa, in cui egli giunge a rifiutare come ‘non evidenti’ (cioè potenzialmente ‘false’):

  • tanto le verità di tipo qualitativo-sensibile (colori, odori e sapori), in quanto imputabili ad organi di senso che sono ingannevoli nella ‘veglia’ come nel ‘sonno’ (nulla garantisce che il mondo ‘sognato’ sia meno vero di quello ‘reale’, dal momento che si ‘percepisce’ da dormienti non meno che da svegli).
  • quanto le verità di tipo quantitativo-matematico (numeri e figure), in quanto imputabili ad un ipotetico ‘genio maligno’ che potrebbe far apparire come evidente anche ciò che, tale, non è (nulla garantisce che, il mondo reale, non sia frutto di un grande ‘inganno’, alla stessa stregua di un immaginifico video-gioco alla ‘matrix’).
Rigettate come non-evidenti tanto le verità sensibili quanto le verità razionali (il dubbio si è fatto ‘iperbolico’), Descartes viene quindi a trovarsi dinanzi alla stessa ragione (il cesto ormai ‘vuoto’) come dinanzi alla sua prima o indubitabile verità … : perchè - come l’atto del 'dubitare' rimanda necessariamente all’esistenza di un soggetto ‘dubitante’ - così l’atto del 'pensare' rimanda necessariamente all’esistenza di un soggetto 'pensante' (= “Cogito, ergo sum”).


4 – Pars costrens: dalla verità della ragione alla verità del “mondo”.

a) I ‘tipi’ di idee.

Fialmente ossibilitato a distinguere ciò che è ‘causato’ dalla res cogitans da ciò che tale non è, il Descartes si trova con ciò stesso possibilitato a recuperare – come evidenti – diverse altre verità.

La prima delle mele recuperate è la ‘distinzione’ stessa fra:
  • idee ‘adventitiae’, o idee aventi la loro causa nelle entità’ del mondo naturale (pietre, animali, vegetali, cose e persone, etc.) = frutto di un processo di ‘percezione passiva’ dei sensi;
  • idee ‘factitiae’, o idee aventi la loro causa nella ‘coscienza’ umana (mostri mitologici e creature fantastiche) = frutto di un processo di 'elaborazione attiva' della immaginazione;
  • idee ‘innate’, o idee aventi la loro causa nell’intelletto ‘illimitato’ di Dio (numeri e figure) = idee troppo ‘perfette’ per provenire dalla ragione, in sé limitata, degli uomini.

b) Dalla realtà di Dio alla realtà del mondo.

La seconda delle mele recuperate (in termini che richiamano chiaramente l’argomentazione ontologica di Anselmo) è data dalla realtà di ‘Dio’ inteso come Essere:
a) ‘esistente’ = se la matematica 'è', allora Dio 'è';
b) 'buono’ = se Dio 'è' (Dio), allora la bontà 'è';
c) ‘garante’ = se la bontà 'è', allora la verità 'è'.

La terza (ed ultima) delle mele che il filosofo si trova a recuperare è infine offerta dalla ‘esistenza’ delle entità naturali, di cui il filosofo riconosce essere:
  • ‘soggettive’ le proprietà 'percepibili' nei termini qualitativo-sensibili del colore, dell’odore e del sapore (come proprietà esistenti nel 'soggetto' percipiente, ma non nell’oggetto percepito);
  • ‘oggettive’ le proprietà ‘pensabili’ nei termini quantitativo-matematici del 'numerabile' (la materia, che ‘si estende’ nello spazio) e del 'figurabile' (il movimento, che ‘dura’ nel tempo).
Di qui una concezione “dualistica” per cui - alla res cogitans come spirito ‘cosciente’ di se, assolutamente inesteso o ‘indivisibile’ (eterno e ‘incondizionato’) - si contrappone una 'res extensa’ come natura ‘incosciente’ di se, relativamente 'estesa' o 'divisibile' all’infinito (temporale e ‘condizionata’).



5 – Mondo fisico e raffigurazione matematica.

Descartes getta le basi di quella concezione meccanicistica del mondo naturale che sarà propria dei secoli XVII e XVIII: equiparare punti 'aritmo-geometrici’ a punti ‘fisico-naturali’ - ‘calcolare’ posizione e movimento di un qualsiasi punto ‘rispetto’ a posizione e movimento di un qualsiasi altro punto (con il ricorso ad ascisse e coordinate) – equivale infatti al ‘trattare’ variabili empiriche (materia e movimento, a-posteriori) come fossero variabili razionali (punti e linee, a-priori).




Tale equiparazione
  • avrà il merito di espungere definitivamente, dall'orizzonte dei saperi, ogni ulteriore 'residuo' di animismo, vitalismo e panteismo;
  • spingerà gli scienziati dell'epoca a chiedersi:
a) se in quiete, sono ‘sospesi’ nel nulla o sono piuttosto ‘sorretti’ da qualcosa ? (esiste o no il 'vuoto' ?);
b) se in movimento, si muovono ‘da soli’ o sono mossi ‘da altro’ ? (il ‘contatto’ è diretto a distanza ?);
c)  e, in ultima istanza, la materia è ‘continua’ o è invece ‘discreta’ ? (rivalutazione dell’atomismo) …

  • entrerà in crisi allorché, relatività e geometrie non-euclidee dimostreranno la non-assolutezza di spazio e tempo, e la natura convenzionale dei linguaggi matematici);

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