giovedì 27 ottobre 2016

MAX WEBER

1 – Vita e opere (cenni).

1864-1906: nasce nella cittadina di Erfurt da famiglia agiata, socialmente e politicamente impegnata, che lo avvia verso studi alla cui conclusione scrive le sue opere metodologiche più importanti (“L’oggettività conoscitiva delle scienze sociali”, e “L’etica protestante e lo spirito del capitalismo”, entrambe del 1904);

1907-1915: si batte per un passaggio del potere economico e giuridico dall’aristocrazia terriera alla borghesia cittadina (con l’obiettivo di fare della Germania un paese rispettoso delle libertà civili al pari dell’Inghilterra e della Francia), e partecipa, come delegato della nuova Repubblica di Weimar, alle trattative di pace di Versailles; 

1916-1920: afflitto da problemi di salute, si allontana sempre più dalla vita attiva per dedicarsi alla stesura di altri scritti fondamentali, fra i quali sono da ricordare “La scienza come professione”, “La politica come professione” (entrambe del 1919) e quella vera e propria ‘summa’ del suo pensiero che è “Economia e società”.


 2 – Scienze fisico-naturali e 'scienze' storico-sociali.

Lo studioso di scienze fisico-naturali è possibilitato ad assumere, come ‘petitio principii’, l’uniformità e costanza – o immutabilità - delle leggi naturali … ed è quindi possibilitato:
a)      a osservare gli ‘effetti’ (percepiti ‘passivamente’ dai sensi);
b)      per decidere circa la maggiore o minore plausibilità di alcune ‘cause’ (chimiche, fisiche, biologiche etc.) rispetto ad altre cause.

Lo studioso di scienze storico-sociali è invece impossibilitato ad assumere, come ‘petitio principii’, l’uniformità e costanza – o immutabilità - delle leggi storiche  … ed è quindi necessitato:
a)      a soppesare i ‘mezzi’ (elaborati ‘attivamente’ dalla ragione);
b)      per valutare circa la maggiore o minore perseguibilità di alcuni ‘fini’ (economici, sociali, politici etc.) rispetto ad altri fini.

In termini metodologicamente scientifici, le scienze storico-sociali devono quindi:
a) evitare di privilegiare, quale fosse in qualche misura “necessitata”, questa o quella 'visione alternativa' delle strutture economiche (economia), delle relazioni interpersonali (società) e delle Istituzioni dotate di autorità (politica);
b) descrivere le mere circostanze materiali che – in questa o quella particolare epoca storica o luogo geografico, hanno permesso di ‘decidere’ per una visione alternativa piuttosto che per un’altra (Cristianesimo o ebraismo, feudalesimo o Illuminismo, Capitalismo o socialismo, etc.).

3 – Arbitrarietà e necessità dei tipi ideali per l'imputazione causale.

Le ‘prospettive’ teoriche (“tipi ideali”) alla luce delle quali, unicamente, lo storico riesce ad espletare le proprie descrizioni pratiche (“imputazioni causali”) sono:
a)      soggettivamente arbitrarie – nell'elaborare la prospettiva teorica da cui guardare i fatti, lo storico appare invariabilmente ‘condizionato’ dall’educazione (familiare) ricevuta, dalle relazioni (sociali) intrattenute, e dalle idealità (politiche, religiose e, ‘sensu latu’, culturali) condivise.
b)      ma, anche, metodologicamente necessarie – senza una prospettiva teorica da cui guardare i fatti, allo storico risulta del tutto impossibile’ sia ‘codificare’ le domande (da rivolgere alle testimonianze storiche) sia ‘decodificare’ le risposte (da dare per spiegarne la genesi e/o i caratteri) …

… laddove, paragonando gli ideal-tipi a degli 'occhiali', potrebbe dirsi che:

a) mentre il politico è (ideologicamente) impegnato a convincere che – attraverso i propri occhiali – un evento risulta più bello, giusto o utile, rispetto a come risulta attraverso altri occhiali;
  • un ‘medesimo’ evento storico come, ad esempio, l'assassinio di Giulio Cesare del 44 a.c., può essere ricondotto all'eroismo dei congiurati (da uno storico interessato a tramandare, in futuro, i valori del governo repubblicano) come, anche, alla loro vigliaccheria (da uno storico interessato a tramandare, invece, i valori del regime imperiale);
 b) lo storico è invece (scientificamente) interessato ad appurare ‘quanti’ e ‘quali’ eventi vengono – attraverso questo o quel tipo di occhiali – a 'disvelare' un significato per lo storico stesso.
  • lo ‘neutralità’ dello storico consiste nel soppesare la ‘potenza esplicativa’ della prospettiva teorica da lui adottata (un ‘tipo ideale’ può infatti considerarsi tanto più 'ermeneuticamente' valido quante più domande gli permette di rivolgere e quante più risposte gli permette di formulare circa le testimonianze prese in esame).
4        – Le critiche al Sistema: ‘disincanto del mondo’ e ‘gabbia d’acciaio’.

Per l’ultimo Weber, l’approccio empirico - proprio del sapere scientifico e tecnologico - ha finito per risolvere il processo (iniziale) di asservimento della natura all’uomo in un processo (finale) di asservimento dell’uomo al Sistema.

Avallare la convinzione secondo cui - razionalmente ‘conoscibili’ - sono da considerarsi solo quelle cause di cui risultino inter-soggettivamente 'osservabili’ gli effetti (espunzione dell’essere divino dalla sfera dell’immanenza, o “disincanto” del mondo) equivale all’avallare l’idea che, come soggetto di razionalità, l’uomo non possa proporsi che come soggetto di un ‘pensiero’ eteronomo.
· non appartenendo all’uomo né il ‘progetto’ iniziale né il ‘prodotto’ finale, ogni cosa finisce inevitabilmente per apparire, all’uomo stesso, come ‘frutto’ di una creatività ‘altra’ dalla propria.

Avallare la convinzione secondo cui - eticamente ‘perseguibili’ - sono da ritenersi solo quei fini per cui risultino intersoggettivamente ‘misurabili’ i mezzi (restrizione della libertà umana alla sfera dell’immanenza, o “gabbia” d’acciaio) equivale all’avallare l’idea che, come soggetto di libertà, l’uomo non possa proporsi che come soggetto di una ‘azione’ eteronoma.
· non appartenendo all’uomo neppure gli ‘strumenti’ di produzione, l’uomo stesso è come ridotto a ‘farli funzionare’ senza neppure sapere ‘come’, al pari della ‘rotellina’ di un ingranaggio che lo trascende. 

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