domenica 6 ottobre 2019


BREVE STORIA DELL’ITALIA REPUBBLICANA

INTRODUZIONE: “BI-POLARISMO” E “DE-COLONIZZAZIONE”.

Gli eventi storici dell’Italia repubblicana possono esser meglio compresi soltanto se collocati sullo sfondo di due diversi processi, che corrono pressocchè paralleli l’uno all’altro:
a) il “bi-polarismo” (ascesa di USA-URSS);
b) la “de-colonizzazione” (declino dell’euro-centrismo).


a) USA (superiorità ‘tecnologico-militare’) e URSS (superiorità ‘ideologico-culturale’) danno inizio a un ‘confronto’ a freddo (il ricorso alle atomiche è sempre minacciato, ma mai attuato) e de-localizzato (nelle diverse regioni del globo) fra due opposti 'mondi' (libera concorrenza vs pianificazione centralizzata, individualismo vs socialismo, e pluri-partitismo vs mono-partitismo).

Gli USA (presidenti Johnson, Nixon, Ford e Carter) proseguono una politica di “contenimento” finalizzata a impedire il diffondersi degli ideali socialisti.

  • dittature militari di Haji Suharto in Indonesia (1965), Augusto Pinochet in Cile (1973), Jorge Videla in Argentina (1976) etc.;
  • R. Reagan (Nicaragua 1979, Libia 1986) & B. Clinton (Somalia 1991, Serbia 1999).
L’URSS (Leonid Breznev) sviluppa una parallela politica di sovranità “limitata” volta a impedire la messa in discussione degli ideali socialisti.

  • interventi militari contro Imre Nagy a Budapest (1956), Alexander Dubcek a Praga (1968), e Lech Walesa a Varsavia (1979);
  • Glasnost & Perestrojka: M. Gorbacev (1985-’91) & B. Eltsin (1991-2000).


b) Blandamente contrastate da un fronte di “non allineati” (Conferenza di Bandung, 1955), USA & URSS competono soprattutto nel sottrarre i paesi del terzo mondo all’influenza della vecchia Europa ... laddove:
  • se da un lato Gran Bretagna e Francia, Belgio e Olanda, non possono più permettersi di tenere in piedi imperi coloniali, e si vedono costretti a riconoscere autonomia o indipendenza a indiani e indocinesi, algerini e indonesiani, etc.;
  • d’altro lato, gl’indipendentisti asiatici e africani abbracciano i due modelli (USA & URSS) al solo scopo di rovesciare i rispettivi governi, quasi sempre corrotti perché “al soldo” delle multi-nazionali (che, “a prezzi stracciati”, continuano a depredare beni e risorse).
  • 1925-’45 - autonomismo dei paesi mediorientali (1925-’45)
  • 1947 - Indira Gandhi in India (agosto 1947) e Mao Tze-Tung in Cina (ottobre 1949)
  • 1945-’65 - autonomismo dei paesi africani (1945-’65).


c) Sul piano politico, gli europei aspirano a contro-bilanciare la politica bi-polare USA/URSS (e a mantenere quindi una “voce in capitolo” sullo scenario globale): passando da accordi di natura puramente economica (“libera circolazione” di persone, merci e capitali) ad accordi di carattere politico (“Istituzioni Europee” di Bruxelles, Strasburgo, etc.).

  • 1979: prime elezioni per il Parlamento europeo;
  • 1985-’92: con i trattati di Schenghen & Maastricht, la Comunità europea si dota di “organi decisionali” di natura collegiale (Consigli assemblee tribunali etc.);
  • 1997-2002: Patto di stabilità ed entrata in vigore della moneta unica, o euro;
  • 2004-‘07: la caduta del muro spiana la strada all’adesione dei paesi baltici e balcanici, e la Comunità europea “si allarga” passando da 12 a 27 membri.
Sul piano economico, l'arretramento della "governance" sui territori coloniali si accompagna ad un processo di delocalizzazione delle Imprese più aggressive e tecnologicamente avanzate: si dismettono le onerose misure di assistenza sociale (smantellamento del welfare) ma - contemporaneamente - le Multi-nazionali europee (presto seguite da quelle USA, cinesi e indiane) iniziano a produrre laddove il costo del lavoro è basso, e a vendere laddove i redditi sono invece alti.

 

d) Le sconfitte USA (in Vietnam, 1965-'75) e URSS (in Afghanistan, 1979-'91) fanno comprendere alle superpotenze come - l'investire grandi quantità di ricchezze in armamenti - risulti di fatto controproducente, e in ultima analisi inefficace ...: perché, nelle regioni interessate, le forze della resistenza godono dell'appoggio incondizionato delle popolazioni locali (non si può ‘cacciare’ un ragno da un buco ricorrendo a un ‘martello’ pneumatico).


Concordi nell'abbattere gli enormi costi derivanti dalla corsa agli armamenti nucleari, nel 1986 Ronald Reagan e Mikhail Gorbacev s'incontrano (Rejkjavik, 1986) per discutere:
a) circa la recente emersione di nuovi quanto temibili 'colossi' dell'economia mondiale (fra i quali l’India e la Cina, il Sudafrica e il Brasile);
b) circa la tragica erosione delle relazioni medio-orientali (degenerazione dei rapporti israelo-palestinesi, e diffusione del fondamentalismo islamico).


Nel 1989, e in poco meno di un mese (agosto-settembre), il mondo “bi-polare” va in frantumi: Solidarnosc (sindacato 'indipendente' guidato da Lech Walesa) vince le prime elezioni 'libere' in Polonia; l'Ungheria apre le frontiere con l’Austria e, i tedeschi orientali iniziano a riversarsi nella parte occidentale della Germania; il dittatore rumeno Nicolae Ceausescu viene catturato dai suoi stessi ufficiali e giustiziato dopo un processo sommario; un referendum popolare sancisce la divisione pacifica della Cecoslovacchia nei due diversi Stati di Boemia e Moravia; la Jugoslavia 'implode', in un conflitto che vede la Bosnia (musulmana) schiacciata fra Serbia (ortodossa) e Croazia (cattolica).


 

BREVE STORIA DELL’ITALIA REPUBBLICANA

a) La ‘rottura’ del fronte anti-fascista.

Nonostante il contributo dato dalla resistenza alla lotta contro il nazi-fascismo, l’Italia viene trattata alla Conferenza di Parigi (luglio-ottobre 1946) come un paese sconfitto: costretta ad abbandonare tutti i suoi insediamenti coloniali (consistenti flussi migratori dal nord-africa), e alcuni territori al confine con la Jugoslavia di Tito (triste episodio delle ‘foibe’, conseguenza della ‘fascistizzazione’ forzata di Croazia e Dalmazia, e annessione definitiva di Trieste all’Italia nel 1954);

Concordata un’amnistia per i reati politici (‘pacificazione’), i partiti politici tornano a dividersi fra:
  • Democrazia Cristiana - Alcide de Gasperi, d’ispirazione cattolica, già segretario dell’esule Luigi Sturzo, promotore di una politica attenta ai ceti più deboli (che non ‘intaccasse’, però, le esigenze dei ceti più produttivi);
  • Partito comunista - Palmiro Togliatti, promotore di un grande partito ‘di massa’ da far valere in sede parlamentare, con le due correnti interne dei socialisti (‘riformisti’ o minimalisti) di Pietro Nenni e dei social-democratici (rivoluzionari, o ‘massimalisti’) di Giuseppe Saragat;
  • Partito d’Azione - Ferruccio Parri, assertore di un appoggio più convinto alla piccola e media impresa, e di una lotta ai gruppi privati che avevano tratto profitto dalla guerra (oltre che di una ‘epurazione’ dei maggiori responsabili del fascismo).

 

b) Referendum, Costituzione e prime elezioni.

Terminato il conflitto, il governo affronta i suoi primi impegni istituzionali; e cioè:
  • 1946 – Referendum - 48 % monarchia (soprattutto al sud) e 52 % Repubblica (soprattutto al nord): per la prima volta vengono chiamate al voto anche le donne, e Vittorio Emanuele III abdica inutilmente (l’erede designato, Umberto II, va in esilio);
  • 1947 - Costituzione – 139 articoli divisi in due parti, con la prima dedicata ai diritti e ai doveri dei cittadini (dichiarati ‘liberi ed uguali’ dinanzi alla Legge, ed egualmente ‘tutelati’ nei movimenti come nelle proprietà), e la seconda all’organizzazione dello Stato (Sovranità popolare esercitata da due Camere quale potere legislativo, Potere giudiziario autonomo e indipendente esercitato dalle Magistrature, e Governo in qualità di esecutivo, con un Primo Ministro responsabile dinanzi al Parlamento; organi ‘di garanzia’ come la Corte Costituzionale e la Presidenza della Repubblica; divisione del territorio in enti locali, etc.);
  • 1948 - Prime elezioni libere – 48 % D.C. (sostenuto esplicitamente dalla Chiesa cattolica, oltre che dagli Stati Uniti, alle cui risorse stanziate dal Piano Marshall il De Gasperi non intende rinunciare, promettendone in cambio l’ingresso dell’Italia nella N.A.T.O.) e 31 % le sinistre (unitesi, per l’occasione, in un comune ‘Fronte Popolare’).


 c) Gli anni ’50: la “ricostruzione”.

A partire dai primi anni ’50, l’Italia è governata da ‘coalizioni di centro’ (D.C. + gli altri, per una sistematica esclusione del P.C.I. che ha portato gli storici a parlare di una “democrazia bloccata”):
  • per la perdurante pressione esercitata dalla Chiesa cattolica e dagli Stati Uniti;
  • per i gravi contraccolpi degli eventi internazionali (Corea, Canale di Suez, Cuba, etc.)… 
… coalizioni, queste, che – oltre a votare per i fondi del Piano Marshall (e per l’ingresso del paese nel Patto Atlantico, nel marzo 1949) – tenderanno a spostarsi sempre più verso ‘destra’, come dimostrano la “Legge truffa” del 1953 (maldestro tentativo di assegnare i 2/3 dei seggi alla coalizione che avesse ottenuto il 51 % + 1 dei voti) e gli scontri di Genova Reggio Emilia e Roma del 1960 (si discute, sui giornali, circa la possibilità di estendere la coalizione a un redivivo M.S.I.).


La ‘ricostruzione’ del paese viene comunque raggiunta grazie ad un massiccio intervento dello Stato, che abbandona l'ormai obsoleto paradigma di A. Smith (i Governi non devono intervenire nella sfera economica) a favore del nuovo paradigma di J. M. Keynes: lo Stato può "svalutare" o meno la moneta (commercio interno ed estero), "controllare" orari, prezzi e salari (politiche "del lavoro"), e intervenire "fiscalmente" su offerta (incentivi) e domanda (pubblicità).
  • nell’agricoltura (istituzione di una “Cassa per il mezzogiorno” e programmi, parzialmente attuati, di spartizione dei grandi latifondi);
  • nell’industria (creazione di Enti come E.N.I., I.R.I., R.A.I. etc., per l’energia e le telecomunicazioni, i complessi siderurgici e idrocarburici e l’edilizia);
  • nei servizi (estensione delle forme di tutela sanitaria, e dell’obbligo scolastico, con la realizzazione di nuovi ospedali e nuove scuole).

d) Gli anni ’60: il ‘Boom’ economico (luci ed ombre).

Fra il 1958 e il 1968, l'Italia di Amintore Fanfani e Aldo Moro vive un “miracolo economico” non privo di contraddizioni (si radicalizza la ‘lottizzazione’ partitica di cariche e uffici in aziende ed enti pubblici, e riprende a diffondersi l’assistenzialismo ‘clientelare’).
  • L’aumento dei salari (dovuto ad una manodopera sempre più ‘specializzata’) alimenta un aumento dei consumi, che alimenta a sua volta un aumento della produzione interna pari al 6-8 % annuo (la società italiana passa dal consumo dei beni ‘di prima necessità’ al consumo di beni ‘voluttuari’ come l’auto e lo scooter, la lavastoviglie e il televisore);
  • Il paese continua a dipendere per l'energia dai paesi esteri, ma i costi sono attutiti da un considerevole sviluppo della piccola e media impresa (nasce e si diffonde nel mondo il ‘made in Italy’, incentrato soprattutto sui settori manifatturieri dell’alimentazione e del vestiario, oltre che sulla cultura d’intrattenimento e sul mondo dello spettacolo);
  • Circa 2.000.000 di persone si spostano dal meridione (che, in alcune aree della Basilicata, della Calabria e delle Puglie, si spopolano del tutto) al settentrione, soprattutto nelle città del cosiddetto ‘triangolo industriale’ (i centri urbani si trasformano in grandi ‘metropoli’, con un aumento della popolazione del 25-40 %, e uno sviluppo abnorme delle periferie).

Significativo il fatto che, proprio in questi anni, tornino a farsi sentire voci di dissenso "critico" relative a uno Stato giudicato "assente" al meridione, o "inefficiente" al settentrione (L. Sciascia, D. Fo, P. P. Pasolini, F. De André, L. Milani, e altri).

e) Gli anni ’70 la contestazione e gli “anni di piombo.

Negli anni '70 anche l'Italia viene coinvolta nei movimenti di protesta che - da Parigi a New York - scuotono l'ordinamento vigente in tutto il mondo occidentale.

Per la prima volta nella storia:
  • le 'nuove' generazioni, nate all’indomani dei due conflitti mondiali, sono più ricche e istruite delle vecchie (rivoluzione giovanile - aborto);
  • le ‘vecchie’ concezioni ideologiche non riescono più a giustificare le diverse forme di discriminazione fra sessi (rivoluzione femminista - divorzio).


A tutto ciò si aggiungono i pesanti effetti della crisi petrolifera del ’73 (fra cui l’aumento del 'costo' dei servizi, e l’allargamento del ‘lavoro nero’), e vengono quindi a manifestarsi un terrorismo:
  • sia di destra (Ordine Nuovo) volto – per mezzo di attentati 'stragisti' (Piazza Fontana, 1969, Piazza della Loggia, 1974, Stazione di Bologna, 1980) – a creare emergenze tali da suggerire l'adozione, da parte dei governi in carica, di soluzioni politiche di tipo autoritario;
  • sia di sinistra (Brigate Rosse), finalizzato – per mezzo di attacchi 'mirati' a giornalisti, magistrati e manager d’impresa (il dirigente Mario Sassi, 1974, il giudice Francesco Coco, 1976, e Aldo Moro, 1978) – a raccoglier consensi dentro e fuori fabbriche e Università.

Dinanzi a questa emergenza la Democrazia Cristiana reagisce mettendo da parte la 'pregiudiziale comunista' e – in nome di uno spirito di “solidarietà nazionale” - chiedendo al Partito Comunista di entrare a far parte del Governo (“Compromesso storico” fra Aldo Moro e Luigi Berlinguer, 1975).


CONCLUSIONE: IL TRIONFO DELLA “PARTITOCRAZIA”.

Lascio ai giovani l’approfondimento, in piena libertà, delle seguenti tematiche:
  • 1981-‘83 = viene “scoperta” (e denunciata) la “Loggia" massonica P2;
  • Cade il muro di Berlino;
  • 1992-’94 = viene “avviata” (e presto affossata) l’indagine “mani pulite”.


N.b. Referenze
1) Aurelio Lepre: "Storia della Prima Repubblica" (Il Mulino)
2) Vanessa Dal Lago: "1968-2010: in mezzo la storia dell'Italia moderna" (Kimerik)
3) Mario Isnenghi: "Breve storia d'Italia ad uso dei perplessi (e non)" (Laterza)
4) Giorgio Vecchio & Paolo Trionfini: "Storia dell'Italia repubblicana" (Monduzzi)

domenica 29 settembre 2019

USING GRETA

1) Global warming.
Fra tutte le scienze empiriche, la climatologia sembra essere la più ‘straniante’, perchè fornisce dati che sono pressocchè certi se relativi a tempi lunghi (come quando “ricostruisce” le variazioni di clima verificatesi nel corso di migliaia di anni, analizzando le rocce più antiche del Botswana, o inviando sonde a prelevar campioni di ghiaccio negli strati più profondi dell’Antartico) ma del tutto aleatori se relativi a tempi brevi ... : e accade così che, dal punto esatto dove si trova, nessuno può predire il tempo che farà da li a qualche ora, semplicemente cacciando il dito fuori dalla finestra, perché le variabili da considerarsi (livello di umidità correnti temperatura densità dell’aria etc.) si condizionano a vicenda e “in tempo reale”.
Da  un ventennio circa questa scienza ripete, con insistenza crescente, che se non s’interviene in tempo i periodi di caldo diventeranno sempre più LUNGHI (siccità), e quelli di freddo sempre più INTENSI (uragani); che, già persa la metà delle barriere coralline, nei prossimi 10 anni sarà la Groenlandia a perdere il suo manto di ghiaccio; che, fra i tropici, entro il 2050 la temperatura media oscillerà fra i 40 e i 60° centigradi, e i popoli inizieranno a MIGRARE verso i rispettivi poli (conflitti e guerre per le risorse idriche); che il punto “di non ritorno” è previsto fra il 2050 e il 2100, quando la temperatura salirà, a settentrione e a meridione dei tropici stessi, oltre i 4-6° centigradi ... : e che, ormai sparito l’Artico, il livello dei mari s’innalzerà di 1,5/2.5 metri (ritorno dell’Eocene, 50 milioni di anni fa).
La causa di tutto ciò è il cosiddetto “effetto serra”. L’emissione in eccesso di anidride carbonica, provocato dalle attività umane, danneggia la ionosfera, e i raggi solari restano INTRAPPOLATI fra la superficie terrestre e le nubi, che aumentano per l‘aumento del vapore acqueo. Quanto più si riscaldano le superfici oceaniche, tanto meno esse sono in grado di ASSORBIRE l'anidride ... e ad accelerare l’intero processo è l’umanità stessa, passata nel frattempo dai 6,9 ai 7,7 miliardi di individui (dal 2009 al 2019), che con incendi e deforestazioni si priva di ciò che più, d’ogni altro, è in grado di CONVERTIRE l'anidride carbonica stessa in ossigeno.


2) Una “consapevolezza”.
Il discorso sul "Global warming" emerge fin dagli anni in cui si scoprono le leggi della termodinamica, e prosegue per tutto l’800 (secolo in cui, tra l'altro, l’Europa cessa di dipendere dalle attività agricole per iniziare a dipendere da quelle industriali). Agli inizi del ‘900 si fa strada la consapevolezza che, il pianeta su cui viviamo, è un pianeta che “respira”. Nei decenni della Guerra Fredda (1948-’91) le ricerche sugli equilibri dell’ecosistema subiscono un forte rallentamento, perché l’85 % dei finanziamenti sono dirottati sul farmaceutico, il militare e l’energetico ... il resto è storia recente:
a) 1970 - 2017 = si estigue il 47 % delle specie viventi sul pianeta (più VELOCEMENTE che in qualsiasi altra era geologica), mentre le restanti specie iniziano a "redistribuirsi";
b) 1988 (Primo Rapporto IPCC) = l’ONU invita ad affrontare la crisi climatica dotandosi di organismi e regole sovra-nazionali (seguiranno altri rapporti, per lo più di tipo organizzativo);
c) 1992 - 2015 (Accordi di Rio e Kyoto, Copenhagen e Parigi) = si stabiliscono soglie “massime” di emissione dei gas-serra (se non altro, per capire chi le supera e chi no);
d) Incontro di Costanza (2015) e G20 di Amburgo (2017) = 30 premi nobel, subito seguiti dal 95 % degli scienziati, e dai “potenti” della terra, riconoscono l’emergenza e, con essa, la necessità d’intervenire al più presto.
Dal 2000, un susseguirsi di catastrofi (uragani nei Caraibi, inedite ondate di calore in Europa, lunghe siccità a sud del Sahara e, di recente, gli incontrollabili incendi in Siberia e Amazzonia) hanno aumentato di molto la sensibilità dell’opinione pubblica mondiale per l’intera questione. Al contempo, gli incoraggianti risultati ottenuti dall’Europa (25 % di emissioni in meno) sono però stati vanificati dalla inarrestabile ascesa delle economie emergenti (Cina e India, con il 35 % di emissioni in più). Per conseguenza, Brasile Sudafrica Canada e USA si sono sottratti al rispetto degli accordi, con lo scopo palese di mantenere alto il loro “livello” di competitività sui mercati internazionali ... ed è a questo punto che subentra Greta.



3) Asperger.
Il libro di Greta Thunberg “La mia casa è in fiamme” non è stato scritto da Greta Thunberg ma da sua madre, Malena Emmann, che vi narra di come, inizialmente convinta di avere una figlia malata, arrivi poi a convincersi d’esser lei in verità, e con lei l’intera umanità, ad essere MALATA. Nel libro non si trovano cenni al clima ma solo una serie interminabile d’incontri fallimentari con psicoterapeuti pagati dal Governo svedese, punteggiati da tentativi altrettanto fallimentari di far mangiare alla piccola Greta una mezza banana, un quarto di mela ... o magari uno spuntino di pancarrè e burro di soia.
Quello che soprattutto fa disperare la madre è la schiettezza rude e immediata, comune ad altri Asperger (Mozart Buonarroti Newton Dylan Hitchcock Darwin e Jobs) con cui traspone ogni problema dal piano dei principi astratti alla concretezza della quotidianità: come un’ochetta in un cortile, Greta rende impossibile la ‘normalità’, e disturba in continuazione starnazzando domande del tipo: “perché lucidare il pavimento del salotto ... se, poi, ci si cammina con le scarpe infangate ?”, oppure “perché innaffiare i ciclamini ... se, poi, li si taglia ogni anno per la Festa di mezza estate ?”. Greta non reagisce a stimoli emozionali, non risponde a sorrisi con sorrisi nè guarda negli occhi chi la guarda negli occhi; Greta non si accontenta MAI di risposte facili, di risposte “di comodo” ... : soprattutto, Greta la smette finalmente di metter tutti con le spalle al muro solo quando ottiene risposte logiche a comportamenti “illogici”.
Nell’agosto del 2018 Greta rifiuta di andare a scuola; la madre non riesce a trattenerla, e lei si piazza davanti al Parlamento svedese con un cartello: “skolstrejk for klimatet”. La gente si ferma incuriosita, un fotografo la immortala in un’immagine destinata a fare il giro del modo, e a chi gli chiede perché non ritorni sui banchi come tutte le altre bimbe lei risponde in modo disarmante: “perché studiare ... per un futuro che non c’è ?”. Greta ha l’aria abbattuta, sa bene che i Governi del mondo NON tassano e detassano per disincentivare gli idrocarburi e incentivare le rinnovabili, sa bene che la gente USA E GETTA invece di riutilizzare, e sa bene che, nel supermarket dietro l’angolo, ci sono ormai MOLTI PIU’ prodotti congelati ‘lontano’ che prodotti freschi ‘in loco’. Quello che Greta ancora non sa è che, puntando l’indice contro un passato SBAGLIATO, sta per costringere il mondo a fare i conti con se stesso ... quello che Greta ancora non sa è che lei, troppo piccola per tutti, sta per porre una questione troppo grande per ognuno.


4) Lettera a Greta.
Cara Greta, voglio farti sapere che questa estate ho seguito tutta la tua traversata, giorno per giorno. Quando sei partita ti ho anche detto d’essere contento che tu non soffrissi il mal di mare ... ricordi ? e subito i tuoi ‘fan’ hanno iniziato a dirti di stare attenta alle onde alte dell'Oceano, al salvagente e ad altre cavolate del genere ! Fra i commenti ho però dovuto leggere anche tante cose cattive: come quel tizio che diceva ch’eri inaffidabile per il solo fatto di avere un cromosoma in meno (un tizio il cui cromosoma in più, evidentemente, non si è mai attivato), o come quella tizia che ti cerchiava la bottiglia in plastica alle spalle, evidentemente inconsapevole del materiale di cui son fatte le 'barbie', o quegli orribili robot di cui son piene le camerette dei bambini di mezzo mondo.
Cara Greta, ti scrivo solo per avvertirti che, in cinquant’anni di vita, ho visto il consumismo e il Dio Denaro appiattire ogni differenza sociale: fino a scavare un solco profondo, quasi invalicabile, fra chi non ha nulla e attraversa deserti muri e montagne pur di avere un lavoro, e chi ha invece talmente tanto da non preoccuparsi affatto di darlo, questo benedetto lavoro. Per cui stai attenta che, di nemici pronti a screditarti per quello che fai (piuttosto che per quello che dici), ne troverai sempre a bizzeffe: fra le strade del più sperduto paesino del Nicaragua, dove c'è chi è convinto si debbano ridurre a MERCE laghi e foreste per il bene dei popoli (il tabacchino dietro l'angolo) come, anche, nei lussuosi palazzi in vetro di Rotterdam, dove c’è chi è invece convinto si possano ridurre a merce figli e padri (la CHEVRON s.p.a) ... per il bene "della Nazione".
Cara Greta, so bene che, ad accompagnarti in ogni viaggio, per chiedere che i crimini contro la natura vengano equiparati a crimini contro l’umanità, c’è sempre il tuo papà, insieme ai soliti medici e ai componenti dell’ambasciata: sei famosa ormai, ed è quindi giusto che si tenga a debita distanza chiunque provi a farti del male ... ma una cosa voglio che tu la ricordi: quando leggi qualcosa (che tu leggi sempre qualcosa di scritto), NON AVER PAURA di alzare gli occhi dal foglio e guardare arrabbiata chi sta li ad ascoltarti, o a scribacchiare chissà cosa su qualche block-notes; non aver paura di perdere il controllo, o di dare l’impressione di stare in qualche modo “recitando” una parte non tua. Chi ti conosce davvero sa bene che, in quei momenti, tu stai solo TENTANDO d’esser te stessa, senza più finzioni da talk-show; sa bene quanto possa esser difficile, per te, dimostrar forza e carattere ai tanti ragazzi che credono in te; soprattutto sa bene quanto possa costare l’odiare se stessi in modo così deciso ... perchè è in modo altrettanto deciso che costa l'amare la vita, in un mondo così malandato.
Con stima

lunedì 30 aprile 2018


JACQUES DERRIDA


1 – Chi detta e chi scrive.

Su di una tavoletta di età medioevale è raffigurato un filosofo impegnato a 'scrivere' mentre, alle sue spalle, un altro filosofo gli detta 'a voce' cosa scrivere … laddove – mentre sopra colui che scrive troviamo l'indicazione 'Socrates' (e, sopra colui che detta, 'Plato') - noi sappiamo invece che Socrate non ha mai scritto ‘nulla’, e che Platone ha dal canto suo condannato la scrittura perchè giudicata 'dannosa' per la conoscenza.

2 – Il linguaggio come ‘possibilità’ del pensiero.

Non potendo sapere colui che 'scrive' se, colui che 'detta', gli stia trasmettendo una Verità o piuttosto una non-verità, Jacques Derrida (1930-2002) ne deduce:
a) che non è il pensiero a render possibile (cioè a ‘fondare’) il linguaggio ma è invece il linguaggio a render possibile il pensiero;
b) che, nel raffrontare il ‘rappresentatum’ (la realtà come ‘rappresentata’ da chi detta) al ‘rappresentandum’ (la realtà come ‘esperita’ da chi scrive), ognuno ”crea” il suo Se.

E’ solo e per mezzo del linguaggio che, il pensiero di ognuno, 'si presenzia' a se stesso … un “presenziarsi”, questo, che il Derridà colloca heidegerrianamente due diverse assenze, e cioè:
a) l'Essere del nulla come essere temporalmente 'differ-ito' (ciò che è suscettibile di venire intuito nella sua unità/totalità 'formale', anteriore/posteriore a chi suggerisce);
b)il nulla dell'Essere come nulla spazialmente 'differ-ente' (ciò che è suscettibile di venire esperito nella sua pluralità/infinità 'materiale', contemporaneo a chi scrive).



3 – Logo- centrismo (“tertium datur”) e “de-costruzione”.

Diversamente da Heidegger (che legge la metafisica come una storia di “occultamento” progressivo dell’Essere a vantaggio dell’ente), il Derrida vede nella storia della metafisica il racconto di uno ‘scacco’: per esorcizzare la propria caducità e fallibilità, costantemente attestata dall’esperienza, gli scritti di metafisica hanno rappresentato altrettanti tentativi di affermare una sorta di primato della ‘presenza’ (è in fondo affidandosi alla trasmissione di memorie passate e aspettative future che per mezzo delle parole, e a prescindere dalle condizioni materiali, le idee possono reiterarsi e ripetersi nei secoli).

Occorre però tener conto del fatto che, per la coscienza di chi scrive, “tertium datur”, perché il Logos gli si mostra non come una cosa che ‘è’ in qualche luogo o tempo ma, piuttosto, come un qualcosa che “accade” qui o là.

Il Logos mostra cioè:
a) non di “essere” – quasi fosse una ‘presenza’ (e con un valore magari ‘normativo’) - in qualche luogo o istante dello spazio e del tempo;
b) ma di “accadere”, ovvero di ‘farsi’ presente - nella e per la scrittura stessa (“nella” storia) - in ogni 'punto’ o ‘momento' dello spazio e del tempo …

… di qui l’invito a “de-costruire” i testi della Tradizione in modo tale da risalire alle motivazioni per cui, di volta in volta, si è giunti a ‘preferire’ – mediante la sistematica ‘rimozione’ di un terzo - fra voce e scrittura o spirito e corpo, natura e cultura, intellegibile e sensibile, intuizione e significazione, soggetto e oggetto, spirito e materia, essere e divenire, sostanza e accidente, luce e buio, bene e male, etc.

MICHEL FOUCAULT

1 – “l.e parole e le cose” ('strutture' epistemiche e 'pratiche' discorsive).

Per Michel Foucault (1926-1984) il “potere” viene a offrirsi come un’istanza non tanto ‘centralizzante’ (esercitata da ‘altri’ e ‘altrove’, come da sempre si è voluto sostenere) quanto, piuttosto, ‘pluralizzante’ (‘compartecipata’ da tutti gli appartenenti a una comunità) …

… un’istanza, questa, per la quale l’uomo non è “produttore di” ma, piuttosto, “prodotto da”:
  • ‘strutture’ epistemiche (storicamente) 'pluri-dimensionali': interessate ad espungere tutto ciò che è – o, meglio, ‘viene ‘’mostrato’ - come ‘irrazionale’ (cioè come non vero, non buono, non giusto, etc.) dall'intero orizzonte dell'esperibile;
  • ‘pratiche’ discorsive (socialmente) 'conferitrici-di-senso': impegnate a promuovere o, piuttosto, ’avallare’ tale espunzione sulla base di una ‘corrispondenza’ fra parole e cose che risulta, di fatto, più 'efficace' (= utile) che realmente fondata (= vera).




2 – “Archeologia del sapere” (l’uomo ‘invenzione recente’)

Sul piano storico-filosofico (“Archeologia e sapere”, 1969) il riferimento è agli sviluppi di tutte quelle scienze ‘umane’ che hanno inteso trattare” l’essere umano - di fatto sempre ‘in divenire’ - alla stessa stregua di ogni altra entità ‘naturale’ …

… sviluppi, questi, in cui:
a) eludendo l’irriducibilità dell’Essere all’ente … con l’elaborazione di ‘espedienti’ linguistici di fatto privi di un ‘referente’ reale (come ad esempio ‘Essere’ e ‘sostanza’ , ‘causa prima’ e ‘fine ultimo’, ‘identità’/’diversità’, etc.);
b) gli esseri umani – soggetti di una conoscenza che mai può ritenersi conclusiva - hanno inteso perseguire il ‘controllo’ sull’uomo stesso … riducendolo a ‘oggetto’ di una conoscenza conclusiva (l'uomo “è un'invenzione recente”).

3 – “sorvegliare e punire” (follia e devianza).

In termini giuridico-istituzionali (“Sorvegliare e punire” del 1975) il riferimento è a tutti quei luoghi ‘disciplinanti’ in cui - alla luce di un ‘modello’ di normalità (di fatto, sempre teorico) – il potere dominante ha inteso “ri-modellare” comportamenti “non-conformi” al modello stesso

… luoghi come ad esempio scuole e ospedali, manicomi e prigioni, in cui:
a)      all'insegna di ciò che viene inteso come 'follia' (il pensare male) e 'devianza' (l’agire male), e con il ricorso a specifiche tecniche di 'premiazione' e  'punizione’;
b)      i saperi succitati sono stati asserviti al restringimento/allargamento delle sfere di libertà di chiunque ‘dissente’ da norme (etiche), regole (sociali) e leggi (politiche).

venerdì 27 aprile 2018


HANS GEORG GADAMER

1 – L’ermeneutica come attività ‘costitutiva’ dell’esser-ci.

Per Hans Georg Gadamer (1900-2002), l’attività interpretativa è da intendersi:
a) non più come una attività propria o ‘esclusiva’ dei dotti;
o   come in età medioevale e riformista (re-interpretare la ‘verità’ dei testi sacri) o in età moderna e illuminista (re-interpretare la ‘giustezza’ dei testi giuridici);
b) quanto, piuttosto, come un'attività propria o ‘costitutiva’ dellesser-ci.
o   in quanto riguardante la relazione che ogni individuo si trova ad instaurare con testi, autori e contesti (cioè significati, scopi e valori) della ‘tradizione’ cui appartiene.



2 – La ‘circolarità’ interpretativa (interpretans e interpretandum).

Da un lato, nell’interpretare l’interpretandum, l’interpretans si trova a mettere ‘in gioco’ - a mutare o modificare - quello che è l’insieme dei suoi pre-giudizi, pre-nozioni e pre-supposizioni.

D’altro lato, nel lasciarsi interpretare dall’interpretans, l’interpretandum lascia che si mettano ‘in gioco’ - a mutare o modificare - quello che è l’insieme dei suoi significati, scopi e valori.

3 – La 'tradizione' (‘extra-metodicità’ della Verità e 'fusione' di orizzonti).

Diversamente da un 'dato' fisico-naturale, un “costrutto” storico-sociale (un testo scritto, un quadro o una scultura, uno spartito musicale, etc.) ‘non’ coincide con il suo “costruttore” … perché:
a) 'trascende’ il costruttore che lo ‘ha voluto’ (il costrutto ci dice dell’autore ma, anche, del 'contesto' in cui nasce, del 'linguaggio' in cui è espresso, etc.);
b) ‘vive’, nel corso dei secoli, di una sorta di ‘vita propria’ (per le 'diverse' re-interpretazioni che, secolo dopo secolo, ne vengono dai singoli interpreti offerte).

Con l'aumentare della distanza (cronologica) dal periodo in cui un 'costrutto' viene realizzato va aumentando la possibilità di comprendere (logicamente) il costrutto medesimo … e questo perché,  con l’aumentare delle interpretazioni che ne vengono date, va aumentando la possibilità di:
a) confrontare fra loro le interpretazioni stesse (natura “extra-metodica” della Verità storica);
b)  scartare le interpretazioni peggiori per“sostituirle” con le migliori (“fusione” di orizzonti).

giovedì 26 aprile 2018


JEAN-PAUL SARTRE

1 – Vita e opere (cenni).

1905-1936: nato a Parigi, insegna in diversi licei della nazione e conosce inportanti intellettuali francesi (fra cui si ricorda Simone de Beauvoir), che lo spingono a seguire le lezioni di Husserl e Heidegger tra Friburgo e Berlino;
1937-1956: alla speculazione filosofica accompagna la stesura di 'romanzi' e ‘piecès’ teatrali (“Il muro” e “La nausea”, 1939, “A porte chiuse”, 1945, “Le mani sporche”, 1948, “Il diavolo e il buon Dio”, 1951, “I sequestrati di altona”, 1960, e così via);
1957-1980: in termini libertari (famosi gli interventi a sostegno dell’indipendentismo algerino, cubano e vietnamita, o contro gli interventi sovietici a Budapest e Praga), lavora ad una conciliazione con il materialismo storico di matrice hegelo-marxista.

2 – L’in-sé (‘gratuito’) della natura e il per-sé (‘impossibile’) della coscienza.

Nell’opera intitolata “L’Essere e il nulla” (1943) Sartre afferma che:
  • mentre le entità ‘naturali’ sono “in sé”mai chiamate a 'costruirsi' con atti di apertura all’Essere (mera ‘fatticità’ dell’ente);
o   già e da sempre’ (spazialmente) determinate … ergentesi dinanzi alla coscienza come del tutto 'gratuite' (il 'muro’);
  • le coscienze ‘umane’ sono invece “per sé” … cioè sempre impegnate ad  ‘auto-progettarsi’ fra le cose del mondo e gli altri.
o   ’ancora e per sempre’ (temporalmente) da determinarsi … costantemente esposte al ‘rischio’ dell'insensatezza e del fallimento (la 'nausea').



3 - L'impegno sociale e politico: dal “Dio mancato” alla situazione “comune”.

L’uomo del primo Sartre è un’apertura al Mondo che non può fare a meno di esser tale: dopo l’esperienza del “nulla” a proprio fondamento, una Coscienza che non è più liberà “di esser libera” e, proprio per questo, costantemente impegnata a servirsi dell’in se’ – cose ed esseri umani – per la realizzazione di un ‘per se’ senza capo né coda (senza causa prima, né fine ultimo capace di “riscattarne” l’inesistenza).

Tra la fine degli anni ’40 e la fine del decennio successivo, immerso fra altri milioni di Io, questo Io “in-determinato” che è l’io di ognuno si scopre fragile e caduco, non-padrone della “situazione” perché al servizio di significati e valori che gli vengono dall’esterno … prepotentemente spinto a porsi domande ma, al contempo, costantemente impossibilitato a trovare risposte definitive: fra gli opposti poli della più comoda omologazione e della più assurda “eccezionalità”, un vero e proprio “Dio mancato” destinato fatalmente ad accettare l’assoluta ‘contingenza’ della propria nullità.

Nel faticoso tentativo di avvicinarsi – con approccio esistenzialista – alle correnti hegelo-marxiste all’epoca diffuse in Francia (e frequentate dalla Scuola di Francoforte),  il Sartre degli anni ‘50’ parlerà di un uomo che, comunque ‘condannato’ a inventarsi senza fine, non ha modo di assumersi altro legislatore, o principio di realtà, all’infuori dell’uomo stesso (“L’esistenzialismo è un umanismo”, 1946): ponendo da parte il proprio Io e per una analisi lucida, oltre che condivisa, di tutte le innumerevoli e preoccupanti contraddizioni che affliggono la “situazione comune”.

mercoledì 25 aprile 2018


MARTIN HEIDEGGER

1 – Vita e opere (cenni).

1889-1916: nato a Messkirch, si dedica ben presto alla filosofia (legge i pre-socratici, Platone e Aristotele, le costruzioni metafisiche della scolastica, Kant, Hegel e Nietzsche);
1917-1935: divenuto segretario personale di Husserl, ne prende il posto per dedicarsi con calma alla stesura dei suoi primi lavori importanti (“Essere e tempo”, 1927, “Che cos’è la metafisica?”, 1929, “L’essenza della verità”, 1930), ma guarda con eccessiva simpatia al 'germanesimo' hitleriano;
1936-1949: maturata una svolta radicale del proprio pensiero, il filosofo omette di allontanarsi con decisione dal nazionalsocialismo, e subisce un tracollo economico (confisca dei beni, ed esclusione dall’insegnamento) dal quale viene salvato grazie all’intervento di diversi intellettuali;
1950-1976: da un rifugio della Selva Nera, cura la pubblicazione dei suoi ultimi scritti (“Lettera sull’umanesimo”, 1947, “Che cosa significa pensare?”, 1954, “Identità e differenza”, 1959).



2 – L’esistenza umana come 'progetto-gettato' (l'esser-ci come 'apertura' all'Essere).

Rovesciando la prospettiva husserliana, Martin Heidegger afferma che:
a) è l'assenza della coscienza 'trascendentale', come “esser-gettati-nel mondo” fra una Verità che ‘non può non’ essere una volta e per tutte (da sempre e per sempre), e una Giustizia che 'può anche non' venir voluta di volta in volta (“nel” tempo);
b) che, all’insegna della più assoluta fallibilità (gnoseologica non meno che etica), costringe questa o quella coscienza 'empirica' a manifestarsi e ri-manifestarsi a se stessa – senza fine - come “esser-ci” (o esser-con-le cose, esser-fra-gli-altri ed esser-per-la-morte).

Infatti, per l’uomo colto nella sua quotidianità:
  • la natura non si conosce (non “è”) da se e, ciò che l'uomo conosce - 'della' natura - non è altro che il frutto del suo dubitare circa la verità dei suoi atti cognitivi;
  • la storia non si agisce (non “si fa”) da se e, ciò che l'uomo fa - 'nella' storia - non è altro che il frutto del suo dubitare circa la giustezza dei suoi atti valutativi;
  • Il linguaggio non si dice (non “dice”) da se e, ciò che l'uomo dice - 'con' il linguaggio - non è altro che il frutto del suo dubitare circa la significanza dei suoi atti linguistici.

3 – Esistenza autentica ed esistenza 'inautentica' (curare e 'trascurare').

L’esistenza è “autentica” allorchè, ‘aprendosi’ all’Essere – e accettando di mettere e ri-mettere in discussione 'verità', 'giustezza' e 'significanza' dei propri atti (cognitivi, valutativi e linguistici) – ci si eleva a “trascendere” l'ente (da-sein = esser-ci) …
  • “curandosi” delle cose, degli altri e di se stesso - come di cose in qualche modo o misura 'importanti', o utili per se - e ‘integrandole’ quindi come 'parte'  del proprio personale 'progetto' (conoscitivo, valutativo ed espressivo) di esistenza.

L’esistenza è invece “inautentica” allorchè, ‘non-aprendosi’ all’Essere - e rifiutando di mettere e ri-mettere in discussione 'verità', 'giustezza' e 'significanza' dei propri atti (cognitivi, valutativi e linguistici) – ci  si dispone per ciò stesso a “non-trascendere” l'ente (verfallen = deiezione) …
  • “trascurando” le cose, gli altri e perfino se stesso - come cose non importanti o inutili - con un atteggiamento di mera 'curiosità', dis-impegno e 'pettegolezzo' che è possibile riconoscere come caratterizzanti il mondo (impersonale) del “si dice, si pensa, si fa”.

4 – La ‘svolta’: ‘storia’ della metafisica come ‘oblio’ dell’Essere.

Negli anni successivi ad “Essere e tempo” (1927), Heidegger inizia a sottoporre a una profonda rilettura l’intera tradizione metafisica occidentale, perché:
  • se è vero che l'esser-ci (soggettivo) può passare dalla potenza all'atto (intersoggettivo) soltanto grazie all'Essere (oggettivo);
  • è anche vero che l'Essere (oggettivo) può passare dalla potenza all'atto (inter-soggettivo) soltanto grazie all'esser-ci (soggettivo) dell'uomo …

Da Parmenide a Nietzsche (compreso), l’oblio di questa recripoca quanto ineludibile dipendenza ha infatti spinto:
a) a intendere sia l’esser-ci (come colui “che” chiede) sia l’Essere (come ciò “a cui” si chiede) come enti “essenti” in se, piuttosto che come enti “divenenti” l’uno grazie all’altro (psicologia, cosmologia e teologia come scienze ‘ontiche’).
b) a tradurre le conseguenti certezze in termini ipostatizzanti come ‘intelletto’ o ‘ragione’, ‘spirito’ etc. che mostrano di “velare” piuttosto che “dis-velare” il senso dell’Essere allo sguardo dell’esser-ci (‘storia’ della metafisica come ‘oblio’ dell’Essere).

5 – ‘Smarrimento’ (techné) e ‘rammemoramento’ (poiésis) dell’Essere.

Negli anni successivi al secondo conflitto mondiale, Heidegger perviene a sviluppare ulteriormente tale prospettiva, invitando:
  • a smetterla di “interrogare” quell'Essere che nello spazio (e logicamente“non” è
    • Coscienza umana come coscienza logicamente ‘determinante’ l'Essere … coscienza ancora inconsapevole dell'abisso che separa Essere ed esser-ci (e che proprio per questo giunge a credersi “padrone” dell'Essere stesso);
    • 'techné' come ‘nascondimento’ dell’Essere (operato dall'esser-ci);
  • per iniziare ad “ascoltare” quell'Essere che nel tempo (e linguisticamente“si disvela” come altro da se.
    • Coscienza umana come coscienza linguisticamente 'determinata dall’Essere … coscienza che, oramai consapevole dell’incolmabilità della distanza che intercorre fra Essere ed esser-ci, si fa “servo” dell'Essere.
    • 'poiésis' come ‘dis-velarsi’ dell’Essere (‘allo sguardo’ dell’esser-ci).