JEAN-PAUL SARTRE
1 – Vita e opere (cenni).
1905-1936: nato a Parigi, insegna
in diversi licei della nazione e conosce inportanti intellettuali francesi (fra
cui si ricorda Simone de Beauvoir), che lo spingono a seguire le lezioni di
Husserl e Heidegger tra Friburgo e Berlino;
1937-1956: alla speculazione
filosofica accompagna la stesura di 'romanzi' e ‘piecès’ teatrali (“Il muro” e
“La nausea”, 1939, “A porte chiuse”, 1945, “Le mani sporche”, 1948, “Il diavolo
e il buon Dio”, 1951, “I sequestrati di altona”, 1960, e così via);
1957-1980: in termini libertari
(famosi gli interventi a sostegno dell’indipendentismo algerino, cubano e
vietnamita, o contro gli interventi sovietici a Budapest e Praga), lavora ad
una conciliazione con il materialismo storico di matrice hegelo-marxista.
2 – L’in-sé (‘gratuito’) della natura e il per-sé (‘impossibile’) della
coscienza.
Nell’opera intitolata “L’Essere e
il nulla” (1943) Sartre afferma che:
- mentre le entità ‘naturali’ sono “in sé” … mai chiamate a 'costruirsi' con atti di apertura all’Essere (mera ‘fatticità’ dell’ente);
o ‘già
e da sempre’ (spazialmente) determinate … ergentesi dinanzi alla
coscienza come del tutto 'gratuite' (il 'muro’);
- le coscienze ‘umane’ sono invece “per sé” … cioè sempre impegnate ad ‘auto-progettarsi’ fra le cose del mondo e gli altri.
o ’ancora
e per sempre’ (temporalmente) da determinarsi … costantemente esposte
al ‘rischio’ dell'insensatezza e del fallimento (la 'nausea').
3 - L'impegno sociale e politico: dal “Dio mancato” alla situazione “comune”.
L’uomo del primo Sartre è un’apertura
al Mondo che non può fare a meno di esser tale: dopo l’esperienza del “nulla” a
proprio fondamento, una Coscienza che non è più liberà “di esser libera” e,
proprio per questo, costantemente impegnata a servirsi dell’in se’ –
cose ed esseri umani – per la realizzazione di un ‘per se’ senza
capo né coda (senza causa prima, né fine ultimo capace di “riscattarne”
l’inesistenza).
Tra la fine degli anni ’40 e la
fine del decennio successivo, immerso fra altri milioni di Io, questo Io
“in-determinato” che è l’io di ognuno si scopre fragile e caduco, non-padrone
della “situazione” perché al servizio di significati e valori che gli
vengono dall’esterno … prepotentemente spinto a porsi domande ma, al contempo, costantemente
impossibilitato a trovare risposte definitive: fra gli opposti poli della più
comoda omologazione e della più assurda “eccezionalità”, un vero e proprio “Dio
mancato” destinato fatalmente ad accettare l’assoluta ‘contingenza’
della propria nullità.
Nel faticoso tentativo di avvicinarsi
– con approccio esistenzialista – alle correnti hegelo-marxiste all’epoca diffuse
in Francia (e frequentate dalla Scuola di Francoforte), il Sartre degli anni ‘50’ parlerà di un uomo
che, comunque ‘condannato’ a inventarsi senza fine, non ha modo di assumersi altro
legislatore, o principio di realtà, all’infuori
dell’uomo stesso (“L’esistenzialismo è un umanismo”, 1946): ponendo da parte il
proprio Io e per una analisi lucida, oltre che condivisa, di tutte le
innumerevoli e preoccupanti contraddizioni che affliggono la “situazione
comune”.
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