domenica 18 settembre 2016

1° SCOLASTICA

CARATTERI E PERIODIZZAZIONE.

La filosofia del periodo medioevale prende il nome di 'scolastica' perchè - all'interno degli scriptoria di cui erano dotate le scholae palatine – sia i 'magistri' che i 'discipuli':
a) non si spingono a ‘formulare’ dottrine completamente nuove, come appunto accadrà allorchè si rivendicherà una maggiore 'autonomia' d'indagine della ragione dinanzi agli 'oggetti' della fede (divorzio fra scientia umana e sapientia divina);
b) ma si limitano invece a prendere in considerazione, ‘analizzare' e commentare tutte quelle dottrine che erano già state formulate dalla precedente tradizione patristica (la filosofia è intesa come una semplice ‘ancella’ della teologia).


Si è soliti distinguere, all’interno del percorso evolutivo seguito dalla filosofia medioevale, fra quattro diverse fasi o periodi di sviluppo; e cioè:

  • Pre-scolastica (VIII-X sec. - Imperi carolingio, bizantino e islamico) periodo in cui, la possibilità di ‘razionalizzare’ i contenuti della fede, viene riconosciuta senza contrasti;
  • 1° scolastica (XI-XII sec. - lotte 'per le investiture’ fra Impero e Papato) periodo in cui, tale possibilità, inizia ad esser messa in discussione (problematica degli ‘universalia’)
  • 2° scolastica (XIII sec. - le nuove 'universitates' cittadine subentrano ai tradizionali 'scriptoria' monastici) periodo in cui, tale discussione, approda ai grandi ‘sistemi’ dottrinali;
  • 3° scolastica (XIV-XV sec. - tramonto degli Istituti universalistici e ascesa delle monarchie nazionali) periodo in cui, il tentativo di ‘elevare’ la Teologia a scienza, fallisce definitivamente.
ANSELMO D’AOSTA E GAUNILONE DI TOURS

Nel “Monologion”, Anselmo d’Aosta (1033-1109) sostiene che, chi afferma/nega l'esse 'in re' (l’esistenza ‘reale’) di Dio – chi cioè formula un qualsiasi enunciato di verità circa la 'natura' di Dio e le sue 'determinazioni' (come fa, appunto, l’insipiente del Salmo XIII) – deve necessariamente 'possederne' l'esse 'in intellectu' (l’essenza concettuale): perchè è di per se contraddittorio affermare/negare ‘la realtà’ di un qualcosa che neppure ‘si pensa’.

A tale tesi, un oscuro monaco di campagna, Gaunilone di Tours (1028-1083) obietta che, se così fosse, allora il solo 'concepire' nell’intelletto la leggendaria isola dei beati - o isola perfettissima (isola, questa, che il mito era solito identificare con una condizione di felicità ottimale, perché talmente fertile da fornire cibo senza che gli uomini abbiano bisogno di lavorarla) - implicherebbe necessariamente ch’essa debba esistere’ anche nella realtà.

Nel “Proslogion”, Anselmo d’Aosta ribatte a tale obiezione precisando che, il ‘concetto’ di Dio, non può in alcun modo venir inteso alla stessa stregua’ di un qualsivoglia altro concetto: e questo perchè – come “ciò di cui nulla di maggiore può venir pensato” (“id quo nihil majus cogitari posset”) – soltanto ad esso spetta un’esistenza ‘reale’ non meno che ‘concettuale’ (che, altrimenti, esso non sarebbe Dio)

Di fatto, con la sua risposta Anselmo non fa che ‘aggirare’ la questione perchè, con la sua obiezione, Gaunilone aveva soltanto voluto dire che:
a) se da un lato è vero che – come ‘concetto’ – Dio non può non venir ‘pensato’ come esistente ‘in intellectu’ e, insieme, ‘in re’;
b) è però d’altro lato altrettanto vero che – come ‘realtà’ – esso può anche non venir ‘percepito’ (e, quindi, 'esperito’) come tale.

LA QUESTIONE DEGLI “UNIVERSALI”.

Nei secoli XI-XII i filosofi tornano a chiedersi se i ‘concetti’ (all’epoca chiamati ‘universalia’) siano da intendersi come ‘esistenti’:
a) ante rem: i concetti esistono nella mente di Dio … suscettibili di venire soltanto ‘intuiti’ - per via intellettiva - al pari delle idee platoniche (Idealismo);
b) in re: i concetti esistono nel mondo naturale … suscettibili di venire anche ‘esperiti’ - per via sensibile - al pari delle forme aristoteliche (Realismo);
c) post rem: i concetti esistono nella mente umana … come puri segni linguistici ‘adottati’ - in via puramente 'funzionale' – dall’insieme dei parlanti (Nominalismo).


Lungi dal rappresentare una mera disputa fra dotti, la “questione degli Universali” rappresenta un deciso passo in avanti nel processo di 'liberazione' della ragione umana dall’ambito delle questioni teologiche (e di 'asservimento' della ragione stessa all’ambito delle questioni naturali) … in quanto questione che, ponendo le basi per una ben netta distinzione fra:
a)    soggetto ‘ontologico’ di proprietà (essere come esistenza 'reale');
b)    soggetto ‘logico’ di predicati (essere come essenza 'concettuale') ...
... pone con ciò stesso la ragione umana in condizione di giudicare, soppesare e valutare le 'verità' espresse dalle Sacre scritture (e, con esse, gli 'ordini' economici, socio-politici e culturali che, di tali verità, pretendevano d’essere il riflesso specularmente fedele).


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