IMMANUEL KANT - LA RAGION "PRATICA"
Rispetto alla ragion ‘pura’, la prospettiva della ragion
‘pratica’ risulta in certo qualmodo ‘rovesciata’ perché:
- la conoscenza umana, risulta tanto più ‘scientifica’ quanto meno ‘prescinde’ dall’empirico … : assumendo – a soggetto degli enunciati di verità – soltanto ciò che è ‘al di quà’ di esso (“l'acqua bolle a 100 gradi centigradi” = giudizio scientifico, ma “Dio esiste” = giudizio non scientifico);
- la volizione umana, risulta tanto più ‘etica’ quanto più ‘prescinde’ dall’empirico … : assumendo – a oggetto delle norme comportamentali – soltanto ciò che è ‘al di là’ di esso (“è bene perseguire la Giustizia” = giudizio etico, ma “è bene bere di tanto in tanto” = giudizio non etico).
Importante precisare che, con tale rovesciamento, il filosofo ha
inteso sottolineare:
- non tanto la necessità, da parte della volontà umana, di evitare ‘sempre e comunque’ di farsi condizionare da un qualsivoglia contenuto esperienziale particolare;
- quanto piuttosto la possibilità, da parte di tale volontà, di continuare a ‘mantenersi libera’ di scegliere da sé i contenuti esperienziali da cui farsi, di volta in volta, determinare.
2 – Categoricità della legge morale: la distinzione fra massime e ‘imperativi’.
Le norme comportamentali cui è
possibile attenersi (nel decidere il quando, il dove e il come agire) vengono innanzitutto
distinte da Kant in due diversi tipi, e cioè:
- massima che - ‘dipendentemente’ dalla sua volontà (= soggettivamente) – ognuno è 'libero' di far propria o meno (es. “sii cauto”, oppure “fatti furbo”);
- imperativo che - ‘indipendentemente’ dalla sua volontà (= oggettivamente) – ognuno è 'necessitato' a far propria (es. “occorre agire sempre secondo giustizia”).
Ora, il secondo tipo
di norme - gli imperativi - possono venire ulteriormente divisi in:
a) ‘ipotetici’ che – indicando
il ‘fine’ da perseguire (il contenuto da volere) – ‘vincolano’ la volontà, costringendola di fatto a scegliere i mezzi più appropriati per perseguirlo;
- imperativi (razionali) la cui forma è “se si vuole … allora si deve …” (ad esempio: “se vuoi arrivare a Roma, allora devi prendere il treno”);
- imperativo (etico) la cui forma è “se tutti facessero … allora il mondo sarebbe …” (o, per dirla con Kant, “si può … e, quindi, si deve … ”).
3 – Autonomia della legge morale: critica alle etiche
“etero-nome” e regno “dei fini”.
Per Kant, solo l’imperativo categorico
può “fondare” un'etica realmente condivisibile: posto che esso abbia la forma del “se vuoi … (spazio A = fine), allora devi… (spazio B =
mezzo)”, s’impone infatti come un “un
fatto” della ragione (un “a-priori etico”) che - affinchè ogni singolo individuo
continui a restar libero di decidere ‘da se’ cosa porre nello spazio B (quale mezzo) - ogni altro individuo continui
ad evitare di indicargli il ‘cosa’ porre nello spazio A
(quale fine).
Di qui:
a) il rifiuto dei tutte le concezioni “etiche” tradizionali,
definite da Kant “etero-nome”
perchè – con una ‘mal direzionata’ intenzione - riconoscono il 'fine' della libertà in 'altro' dalla libertà stessa.
- Si tratta di concezioni incentrate sul soddisfacimento:
A) dell'io
(il 'piacere' dei sensi, la ‘felicità’ dell'anima);
B) della propria dimensione naturale (la 'bellezza' estetica, la 'forza' fisica)
o sociale (la 'giustizia' impersonale,
l’utile' collettivo);
C) di un Assoluto (Dio come somma Giustizia, o
Bene Sommo).
b) l'individuazione di un supremo “Regno
dei fini” cui informare – in vista di
una “pace perpetua” fra i popoli – tutte le azioni (e le decisioni) politiche future.
- Si tratta di quella sorta di mondo “ideale” in cui ci troveremmo se – continuando tutti ad evitare d'indicare (a ognuno) i fini da perseguire – ognuno continuerebbe a restar libero (da tutti) di scegliere da sé i mezzi da adottare.
4 – I ‘postulati’ della ragion pratica.
Affinchè la libertà umana giunga ad auto-determinarsi sul
piano storico, o fattuale (cioè ‘nello’ spazio e ‘nel’ tempo), è necessario ‘postulare’:
·
l’esistenza
di
Dio;
·
la stessa
libertà;
·
l'immortalità
dell’anima;
… in quanto – con una intenzione ‘ben direzionata’ (e per ‘dimostrarsi' degni di una ‘meritata’ santità) - è necessario
'postulare' l'esistenza
(spaziale),
la perseguibilità
(senza ostacolo alcuno)
e la conseguibilità (temporale) di una 'corrispondenza'
del binomio Virtù/vizio con il binomio Bene/male.