GIAMBATTISTA VICO
1 – Cenni biografici.
1668-1698: nasce a Napoli da un modesto libraio ma, abbandonata l'educazione gesuitica (che gli procura noia per il suo carattere formale e cavilloso), si dedica da autodidatta a studi filosofici e letterari, che approfondisce soprattutto presso la biblioteca di una facoltosa famiglia aristocratica del cilento (Platone e Aristotele ma, anche, Tacito e Agostino, Bacone e Grozio);
1668-1698: nasce a Napoli da un modesto libraio ma, abbandonata l'educazione gesuitica (che gli procura noia per il suo carattere formale e cavilloso), si dedica da autodidatta a studi filosofici e letterari, che approfondisce soprattutto presso la biblioteca di una facoltosa famiglia aristocratica del cilento (Platone e Aristotele ma, anche, Tacito e Agostino, Bacone e Grozio);
1699-1719: rientrato a Napoli, vince il concorso per la cattedra
ai eloquenza dell'Università partenopea (per la quale tiene ben 7 'Orazioni
inaugurali', dalle quali traspare il suo dissenso nei confronti delle più
recenti correnti metafisiche e scientifiche), ma continua a riversare in
dolorose ristrettezze economiche (sposa una donna incapace di mantenere la
casa, che gli dà ben 8 figli cui badare);
1720-1744: ripresosi dalla stroncatura del mondo accademico (“De
antiquissima italorum sapientia”), lavora a tre diverse stesure dei “Principi
di una Scienza nuova” (dapprima ridotta e poi perfezionata), che riesce a
pubblicare in edizione definitiva soltanto nel 1740, insieme ad uno scritto
autobiografico (“Vita di Giambattista
Vico scritta da lui medesimo”) di pregevole fattura letteraria.
2 – Il principio (metodologico) del “Verum ipsum factum”.
Vico prende le distanze dal "sostanzialismo" (comune a Cartesio e Spinoza) affermando che:
Vico prende le distanze dal "sostanzialismo" (comune a Cartesio e Spinoza) affermando che:
- l'identità della
ragione con ciò che la ragione
stessa 'è' (in termini di
'res cogitans') è coscienza del “cosa” – ma non scienza del “perchè” – sia
il pensiero divino
(= coscienza, ma non 'scienza', di Dio);
- la non-contraddittorietà della ragione con ciò che è 'altro' dalla ragione (in termini di 'res extensa') è coscienza del “cosa” – ma non scienza del “perchè” – sia la realtà naturale (= coscienza, ma non 'scienza', della natura).
3 – Linguaggio matematico (il necessario) e linguaggio verbale (il possibile).
Occorre innanzitutto distinguere Il linguaggio matematico da
quello verbale, perché:
a) mentre il primo si sostanzia di numeri e figure che - chiamati
a tradurre sul piano logico materia e movimento (degli ‘enti’ naturali)
- permettono soltanto di descrivere il
“cosa” spazialmente sono
gli enti mondani (fra cui vive e convive);
b) il secondo si sostanzia invece di termini che - nel permettere
di dar voce anche a significati, scopi e valori (dei ‘soggetti’ storici) - permette
con ciò stesso anche di prescrivere il “come” agire nel tempo (alla luce di
mezzi e/o in vista di fini).
In altri termini è solo quest’ultimo che permette all’uomo di farsi
soggetto ‘creatore di’/oggetto ‘creato da’ se stesso (“verum ipsum
factum”, o anche “verum et factum convertuntur”), permettendo:
a) alla coscienza di rendersi sempre più trasparente a se stessa (nella
natura), e all’agire di diventare sempre meno
contraddittorio (fra gli altri);
b) ad ognuno, di organizzare e riorganizzare - in
forme ‘sempre più’ alte (e praticamente senza fine) - il proprio rapportarsi a se stesso, al
mondo e agli altri.
4 – la relazione intercorrente fra provvidenza (divina) e
libertà (umana).
La storia è paragonabile a un grandioso edificio che – progettato in eterno da Dio (l’architetto) come immodificato e immodificabile - gli uomini (i fabbri) mostrano nel tempo di fare e disfare in continuazione, con il loro buono e cattivo operato ... per cui, potremmo asserire che, fra provvidenza divina e libero arbitrio, intercorre lo stesso rapporto intercorrente fra:
- IL PROGETTO “DA” COSTRUIRSI – l’edificio
‘da’ realizzare con
mattoni (è l’aver già compiuto un certo tratto di strada che attesta, ad
ognuno, l’esistenza della strada medesima);
- IL FABBRO “CHE” COSTRUISCE – i mattoni ‘che’ realizzano l’edificio (proprio perché libero, ogni uomo può lungo la strada decidere di andare avanti come, anche, di tornare indietro).
5 – Storia ‘ideale’ (le “tre età”) e storia ‘reale’ (corsi e ‘ricorsi').
Sul piano astratto (storia
‘ideal-eterna’), la realizzazione
di questo edificio coincide con il percorrimento di una serie di tappe
che – in se concluse (o “organiche”) - coincidono con altrettanti livelli di sviluppo delle
‘facoltà’
umane (sensi, istinti ed emozioni, e ragione) ...
… laddove, ad ogni livello di sviluppo delle succitate facoltà - cioè ad ogni epoca
(o “età”) – corrisponde per un livello di sviluppo:
- delle sue 'modalità’ di espressione
linguistica (figurazione e gestualità, poesia e prosa);
- dei relativi ‘prodotti’ storici (strutture economiche, relazioni sociali e istituzioni politiche), così come si manifestano in termini di “documenti” e “monumenti”.
Sul piano concreto (storia
‘delle nazioni’), la
realizzazione di questo edificio mostra però di procedere in modo tutt’altro
che irreversibile … : perché – proprio in quanto essere “libero” - l'uomo può decidere
di 'procedere' lungo il cammino (facendo “tesoro” delle esperienze
passate) come, anche, di ‘fermarsi’ o addirittura tornare ‘indietro’ (lasciando
andare “in rovina” ciò che si è realizzato).
Laddove:
a) mentre il 'fermarsi' nella realizzazione dell’edificio – come,
anche, il 'tornare indietro' – corrisponde al ‘ricadere’ da un livello di civiltà ‘superiore’ ad un
livello di civiltà ‘inferiore’;
b) il 'riprendere’ il cammino nella costruzione dell’edificio
comporta invece, in ogni caso, un ‘recuperare’
ciò che è stato precedentemente lasciato in abbandono (corsi e “ri-corsi”
della storia).6 – La complementarità di filologia e filosofia ('selezione' e 'spiegazione' dei fatti).
In termini metodologici, la “Scienza nuova” evidenzia l’esistenza di un rapporto di complementarità fra:
- indagine filologica, cui è affidato il compito di accertare “quali” mattoni – cioè quali usi, costumi e tradizioni (quali
prodotti storici, creazioni artistico-letterarie e istituzioni) - possono
esser considerati ‘degni’ (o meno) di essere accolti
nel progetto complessivo dell’edificio.
- riflessione filosofica, avente invece il compito di “illuminare” circa la ‘funzione’ che – in termini causali e/o finali ( ‘alla luce’ dei fatti precedenti come, anche, ‘in vista’ di quelli successivi) – tali mattoni si trovano ad ‘assolvere’ per la stabilità dell’edificio colto nel suo insieme.
Precorrendo di un secolo gli sviluppi delle scienze
storico-sociali:
a) la storia vi inizia ad esser considerata opera non più di pochi
individui eccezionali (i ‘guerrieri’ del mondo aristocratico, o anche i
‘santi’ di quello ecclesiastico) ma di interi popoli o comunità;
b) qualità e quantità delle testimonianze (“monumenti e documenti”)
vi rislutano vagliate nella loro ‘autenticità’ e ‘attendibilità’,
allo scopo di evitare:
- tanto le falsificazioni ‘ideologiche’ (‘persuadere’ circa la maggiore
o verità di alcune ricostruzioni
storiche rispetto ad altre);
- quanto alterazioni ‘estetiche’ (‘intrattenere’ con la
maggiore ‘fascinosità’ di alcune ricostruzioni storiche rispetto ad
altre).
Emblematiche appaiono, in tal senso, le polemiche del filosofo
contro quelle ch'egli chiama:
a) la “boria dei dotti” = tendenza a interpretare
le testimonianze storiche dal ‘punto di vista’ della ‘propria’ epoca (piuttosto che dal punto di vista delle epoche cui le
testimonianze stesse risalgono).
b) la “boria delle nazioni” = tendenza a considerare come ‘degne’ d’essere studiate soltanto ‘alcune’ epoche, pregiudizievolmente
considerate 'migliori' o ‘più alte’ rispetto ad altre (Atene di Pericle,
Roma di Augusto, Firenze dei Medici, etc.).
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