martedì 20 settembre 2016

GIAMBATTISTA VICO

1 – Cenni biografici.

1668-1698: nasce a Napoli da un modesto libraio ma, abbandonata l'educazione gesuitica (che gli procura noia per il suo carattere formale e cavilloso), si dedica da autodidatta a studi filosofici e letterari, che approfondisce soprattutto presso la biblioteca di una facoltosa famiglia aristocratica del cilento (Platone e Aristotele ma, anche, Tacito e Agostino, Bacone e Grozio);
1699-1719: rientrato a Napoli, vince il concorso per la cattedra ai eloquenza dell'Università partenopea (per la quale tiene ben 7 'Orazioni inaugurali', dalle quali traspare il suo dissenso nei confronti delle più recenti correnti metafisiche e scientifiche), ma continua a riversare in dolorose ristrettezze economiche (sposa una donna incapace di mantenere la casa, che gli dà ben 8 figli cui badare);
1720-1744: ripresosi dalla stroncatura del mondo accademico (“De antiquissima italorum sapientia”), lavora a tre diverse stesure dei “Principi di una Scienza nuova” (dapprima ridotta e poi perfezionata), che riesce a pubblicare in edizione definitiva soltanto nel 1740, insieme ad uno scritto autobiografico (“Vita di Giambattista Vico scritta da lui medesimo”) di pregevole fattura letteraria.



 2 – Il principio (metodologico) del “Verum ipsum factum”.

Vico prende le distanze dal "sostanzialismo" (comune a Cartesio e Spinoza) affermando che:
  • l'identità della ragione con ciò che la ragione stessa 'è' (in termini di 'res cogitans') è coscienza del “cosa” – ma non scienza del “perchè” – sia il pensiero divino (= coscienza, ma non 'scienza', di Dio);
  • la non-contraddittorietà della ragione con ciò che è 'altro' dalla ragione (in termini di 'res extensa') è coscienza del “cosa” – ma non scienza del “perchè” – sia la realtà naturale (= coscienza, ma non 'scienza', della natura).

3 – Linguaggio matematico (il necessario) e linguaggio verbale (il possibile).


Occorre innanzitutto distinguere Il linguaggio matematico da quello verbale, perché:
a) mentre il primo si sostanzia di numeri e figure che - chiamati a tradurre sul piano logico materia e movimento (degli ‘enti’ naturali) - permettono soltanto di descrivere il “cosa” spazialmente sono gli enti mondani (fra cui vive e convive);
b) il secondo si sostanzia invece di termini che - nel permettere di dar voce anche a significati, scopi e valori (dei ‘soggetti’ storici) - permette con ciò stesso anche di prescrivere il “come” agire nel tempo (alla luce di mezzi e/o in vista di fini).

In altri termini è solo quest’ultimo che permette all’uomo di farsi soggetto ‘creatore di’/oggetto ‘creato da’ se stesso (“verum ipsum factum”, o anche “verum et factum convertuntur”), permettendo:
a)    alla coscienza di rendersi sempre più trasparente a se stessa (nella natura), e all’agire di diventare sempre meno contraddittorio (fra gli altri);

b)    ad ognuno, di organizzare e riorganizzare - in forme ‘sempre più’ alte (e praticamente senza fine) - il proprio rapportarsi a se stesso, al mondo e agli altri. 

4 – la relazione intercorrente fra provvidenza (divina) e libertà (umana).

La storia è paragonabile a un grandioso edificio che – progettato in eterno da Dio (l’architetto) come immodificato e immodificabile - gli uomini (i fabbri) mostrano nel tempo di fare e disfare in continuazione, con il loro buono e cattivo operato ... per cui, p
otremmo asserire che, fra provvidenza divina e libero arbitrio, intercorre lo stesso rapporto intercorrente fra:
  • IL PROGETTO “DA” COSTRUIRSI – l’edificio ‘da’ realizzare con mattoni (è l’aver già compiuto un certo tratto di strada che attesta, ad ognuno, l’esistenza della strada medesima);
  • IL FABBRO “CHE” COSTRUISCE – i mattoni che’ realizzano l’edificio (proprio perché libero, ogni uomo può lungo la strada decidere di andare avanti come, anche, di tornare indietro).

5 – Storia ‘ideale’ (le “tre età”) e storia ‘reale’ (corsi e ‘ricorsi').

Sul piano astratto (storia ‘ideal-eterna’), la realizzazione di questo edificio coincide con il percorrimento di una serie di tappe che – in se concluse (o “organiche”) - coincidono con altrettanti livelli di sviluppo delle facoltà’ umane (sensi, istinti ed emozioni, e ragione) ...

… laddove, ad ogni livello di sviluppo delle succitate facoltà - cioè ad ogni epoca (o “età”) – corrisponde per un livello di sviluppo:
  • delle sue 'modalità’ di espressione linguistica (figurazione e gestualità, poesia e prosa);
  • dei relativi ‘prodotti’ storici (strutture economiche, relazioni sociali e istituzioni politiche), così come si manifestano in termini di “documenti” e “monumenti”.

Sul piano concreto (storia ‘delle nazioni’), la realizzazione di questo edificio mostra però di procedere in modo tutt’altro che irreversibile … : perché – proprio in quanto essere “libero” - l'uomo può decidere di 'procedere' lungo il cammino (facendo “tesoro” delle esperienze passate) come, anche, di ‘fermarsi’ o addirittura tornare ‘indietro’ (lasciando andarein rovina” ciò che si è realizzato).

Laddove:
a) mentre il 'fermarsi' nella realizzazione dell’edificio – come, anche, il 'tornare indietro' – corrisponde al ‘ricadere’ da un livello di civiltà ‘superiore’ ad un livello di civiltà ‘inferiore’;
b) il 'riprendere’ il cammino nella costruzione dell’edificio comporta invece, in ogni caso, un ‘recuperare’ ciò che è stato precedentemente lasciato in abbandono (corsi e “ri-corsi” della storia).




6 – La complementarità di filologia e filosofia ('selezione' e 'spiegazione' dei fatti).

In termini metodologici, la “Scienza nuova” evidenzia l’esistenza di un rapporto di complementarità fra:
  • indagine filologica, cui è affidato il compito di accertare “quali” mattoni – cioè quali usi, costumi e tradizioni (quali prodotti storici, creazioni artistico-letterarie e istituzioni) - possono esser considerati ‘degni’ (o meno) di essere accolti nel progetto complessivo dell’edificio.
  • riflessione filosofica, avente invece il compito di “illuminare” circa la ‘funzione’ che – in termini causali e/o finali ( ‘alla luce’ dei fatti precedenti come, anche, ‘in vista’ di quelli successivi) – tali mattoni si trovano ad ‘assolvere’ per la stabilità dell’edificio colto nel suo insieme.
Precorrendo di un secolo gli sviluppi delle scienze storico-sociali:
a) la storia vi inizia ad esser considerata opera non più di pochi individui eccezionali (i ‘guerrieri’ del mondo aristocratico, o anche i ‘santi’ di quello ecclesiastico) ma di interi popoli o comunità;
b) qualità e quantità delle testimonianze (“monumenti e documenti”) vi rislutano vagliate nella loro ‘autenticità’ e ‘attendibilità’, allo scopo di evitare:
  • tanto le falsificazioni ‘ideologiche’ (‘persuadere’ circa la maggiore o verità di alcune ricostruzioni storiche rispetto ad altre);
  • quanto alterazioni ‘estetiche’ (‘intrattenere’ con la maggiore ‘fascinosità’ di alcune ricostruzioni storiche rispetto ad altre).
Emblematiche appaiono, in tal senso, le polemiche del filosofo contro quelle ch'egli chiama:
a) la “boria dei dotti” = tendenza a interpretare le testimonianze storiche dal ‘punto di vista’ della ‘propria’ epoca (piuttosto che dal punto di vista delle epoche cui le testimonianze stesse risalgono).
b) la “boria delle nazioni” = tendenza a considerare come ‘degne’ d’essere studiate soltanto ‘alcune’ epoche, pregiudizievolmente considerate 'migliori' o ‘più alte’ rispetto ad altre (Atene di Pericle, Roma di Augusto, Firenze dei Medici, etc.).



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