giovedì 22 settembre 2016

ROUSSEAU, BECCARIA e SMITH

1 – Rousseau: un filosofo ‘controcorrente’.

Nei due “Discorsi” (sulle scienze e le arti, e sull’origine e i fondamenti della diseguaglianza),  Rousseau entra in polemica con tutti gli altri illuministi affermando che, il passaggio dalla condizione ‘naturale’ alla condizione ‘culturale’, è passaggio:

  • non dalla barbarie primitiva alla civiltà moderna (dalla falsità alla ‘verità’ secondo la teoresi greco-romana, dal vizio alla ‘virtù’ secondo l’etica giudaico-cristiana, etc.);
  • ma da una condizione di ‘purezza’ originaria (corporeità al servizio delle proprie menti) a una condizione di ‘corruzione’ attuale (corporeità al servizio di altrui menti).


2 – Rousseau: i “Discorsi” (‘progresso’ storico come ‘regresso’ umano).

- LA CONDIZIONE NATURALE: AMORE E COMPASSIONE

Nella condizione ‘naturale’ (“quale esce dalle mani di Dio”), ogni individuo è mosso ad essere e ‘possedere’ tanto quanto ogni altro (è cioè buono e onesto) perché mosso da:
a) un “istintivo amore” verso se stesso, che lo porta a ‘soddisfare i bisogni’ connessi all'auto-conservazione e alla ri-produzione (“il cibo, la femmina e il dormire”);
b) una “benevola compassione” verso gli altri, che lo induce a ‘rifiutare la sofferenza’ e la morte di ognuno “come fossero la sua stessa sofferenza e la sua stessa morte”.

- LE ‘RAGIONI’ DEL PASSAGGIO

Come per Machiavelli ed Hobbes, a segnare la fine di questa condizione è la consapevolezza della “'imprevedibilità”' degli eventi: per motivi del tutto casuali (carestie o alluvioni, terremoti, o anche migrazioni di popoli, guerre, etc.) possono, in qualsiasi momento, 'diminuire' le risorse a disposizione o 'aumentare' le bocche da sfamare ... : e – scoprendosi naturalmente ‘fragile’ (oscillante fra bisogno e soddisfacimento) – ognuno tende razionalmente a dotarsi dei mezzi utili a ottenere i propri fini.

- LA CONDIZIONE STORICA: I ‘LIVELLI’ DELLA DISEGUAGLIANZA

Nello stato 'culturale’ (“quale degenera nelle mani dell’uomo”), gli individui appaiono invece mossi a possedere e ‘apparire’ più di altri individui, responsabili e al contempo vittime:
  • di una inefficace ‘divisione’ delle mansioni lavorative (forti e deboli);
  • di una ineguale ‘retribuzione’ delle ricchezze prodotte (ricchi e poveri);
  • di una ingiusta ‘codificazione’ dei diritti riconosciuti (liberi e servi).

3 – Rousseau: il “Contratto sociale” (la ‘volontà generale’).

Nel “contratto sociale” (1761), la ‘soluzione’ appare affidata agli stessi esseri umani, perchè:
a) se la volontà di possedere più di altri mostra di “avere” origine da più volontà particolari che ‘si escludono’ vicendevolmente (una volontà, questa, che di per se stessa meriterebbe la condanna al bando dalla comunità);
b) la volontà di ‘possedere’ tanto quanto gli altri mostra invece di “dare” origine ad un’unica ‘volontà generale’ che, essendo nell’interesse “di ognuno” (in quanto interesse delle maggioranze), sola può permettere “a tutti” di continuare a obbedire “solo a se stessi" …

… laddove:
  • se è nei termini di un ‘liberalismo’ democratico che, il patto, mostra di vincolare le volontà particolari dei singoli parlamentari alla volontà generale del popolo (incentrata sulla necessità di separare, per il Bene comune, uffici pubblici e interessi privati);
  • è però nei termini di un ‘totalitarismo’ comunitario che, lo stesso patto, mostra di vincolare le volontà particolari dei singoli cittadini alla volontà generale del parlamento (esposta alla possibilità di unire, per il proprio utile, interessi privati e uffici pubblici).

4 – Beccaria: “Dei delitti e delle pene”.

Per Cesare Beccaria (1738-1794), ogni Stato dovrebbe ricorrere alla Legge per dimostrare:
a) non la sua pura e semplice “presenza” fisica (lo Stato che, a delitto oramai commesso, si limita a intervenire materialmente ... infliggendo la pena anche senza indagini preliminari, o senza considerare in sede processale il quando, il dove o il come);
b) ma la sua intrinseca “razionalità” (lo Stato che, a delitto non ancora commesso, lo “previene” razionalmente ... rapportandogli la pena, indagando preliminarmente e considerando in sede processuale le condizioni attenuanti accanto a quelle aggravanti).



5 – Smith: politica ed “economia” (scambio e moneta).

Nello stato di natura:
a) lungi dall’essere impegnati a sopprimersi o a derubarsi a vicenda (una idea, questa, che avrebbe implicato l’accettare il rischio, troppo alto, di subire la stessa sorte per mano di tutti gli altri) ...
b) ... ogni individuo si specializza nel fare qualcosa (in ogni, Comunità, nessuno può fare tutto e ognuno deve, pertanto, fare qualcosa), per poi scambiare ciò che ha con chi ha più, o meglio, da scambiare

Nello Stato di diritto:
a) l’Autorità “si materializza” (come dal nulla) allorchè – imprimendo su metallo un determinato “valore” e una determinata “provenienza” (la moneta) – un soggetto stabilisce un “comun denominatore” per render possibile ogni possibile scambio ...
b) ... e sguinzaglia i suoi funzionari (l’apparato statale) sul territorio, perché gli si renda conto di monete contraffatte, chieste “in eccesso” dai creditori (interessi ‘sul’  deposito) o restituite "in difetto” dai debitori (scadenza ‘del’ prestito).


6 – Smith: le teorie “tradizionali” (fisiocrazia e liberalismo).

Frutto maturo dell’espansione coloniale (gli Stati, come soggetti pubblici, sono impegnati ad estendere i loro territori) e della 1° rivoluzione industriale (le Imprese, come soggetti privati, sono impegnate ad allargare i loro mercati), Adam Smith afferma che la ricchezza di una nazione deriva:
a)    non dal ‘possesso’ delle materie prime suscettibili d’esser trasformate in prodotti finiti (agricoltura, allevamento e miniere);
- a dover prevalere è il diritto aristocratico (in declino) all’amministrazione padronale e alla trasmissibilità ereditaria di contee, ducati e marchesati.
b)    ma dalla ‘trasformazione’ delle materie prime in prodotti finiti (con conseguente priorità degli ‘strumenti’ trasformativi);
- a dover prevalere è il diritto borghese (in ascesa) alla “libera contrattazione” delle condizioni produttive (di tempo, luogo e salario).

7 – Smith: le “leggi” del mercato (domanda e offerta).

Nell’opera “La ricchezza delle nazioni" (1776), egli intende dimostrare:
a) che l’economia è una ruota che “gira da sé” (“mano invisibile”), e lo Stato deve quindi evitare d’intervenire ad accelerarne o rallentarne il corso (con leggi promulgate, ad hoc, per avvantaggiare un certo tipo di attività imprenditoriali a svantaggio di altri) ...
b) ... e, questo, perché esiste proporzionalità fra la quantità di lavoro necessario a realizzare un Bene e il valore che esso ha sul mercato, così come esiste proporzionalità fra il prezzo del Bene e la quantità  con cui esso viene - sempre sul mercato - “domandato” o “offerto”. 

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