lunedì 19 settembre 2016

RINASCIMENTO E RELIGIONE

1 – Erasmo da Rotterdam: savia ‘insania’ e Chiesa ‘originaria’.

Erasmo da Rotterdam (1466-1536) precorre il riformismo religioso dell’XVI secolo mettendo in guardia contro le due opposte follie fra le quali, in termini più che comprensibili, appare destinato a dibattersi ogni essere umano: ovvero vivere dei soli beni effimeri facendo a meno de Bene sommo (mondo dei laici), o al contrario vivere soltanto di Dio, facendo a meno dei beni terreni (mondo degli ecclesiastici).

Contro la prima, egli afferma la necessità di 'limitare' il proprio culto personale a quella che è la figura umile e misericordiosa del Cristo, quale traspare - al di là delle incrostazioni teologiche della speculazione scolastica - dai Vangeli colti nella loro purezza originaria (esaltazione della Chiesa originaria, in quanto assertrice dell’uguaglianza e promotrice dell’amore fra tutti gli individui);

Contro la seconda, egli sostiene invece la possibilità di 'estendere' la distinzione fra eletti e dannati anche a quegli esponenti del clero che - non diversamente da chi al clero non appartiene - si mostrano troppo permissivi nei confronti di fenomeni come la simonia e il nicolaismo (condanna della Chiesa attuale, da considerarsi tanto più corrotta quanto più legata al possesso di beni temporali).



2 – Martin Luther: si è salvi “per sola grazia”.

Sconcertato dalle iniziative intraprese dalla Chiesa di Roma, Martin Lutero (1483-1546) promuove il distacco definitivo dei popoli nordici dal Cattolicesimo affermando che:
  • non sono le 'opere' buone a fare di un uomo un uomo buono (che, l’agire ‘nel’ mondo, è sempre egoistico), ma è l’uomo buono 'per eccellenza' – e cioè il Cristo - che, soltanto, puo' porre l'uomo in condizioni di fare buone opere (il giusto si salva “per la sua fede”);
  • nessun valore è da riconoscersi alla mediazione sacerdotale perché niente e nessuno ha il diritto, né il dovere, di ‘intromettersi’ fra i testi sacri (nei quali, la parola di Dio, risulta “di per se” chiara) e il fedele che ad essa si rivolge (principio del ‘sacerdozio universale’).
Di qui:
a) il riconoscimento di un certo valore ai soli sacramenti del battesimo e dell’eucarestia (perchè unici sacramenti di cui si abbia una incontrovertibile testimonianza nei quattro Evangeli);
b) l’invito ad affidare, al solo potere temporale dei principi, il compito di preservare la ‘purezza' della dottrina teologica, e di garantire il ‘pacifico' svolgimento della vita ecclesiastica.


3 – Jean Cauvin: lavoro, ricchezze e successo.

Per Giovanni Calvino (1509-1564):
  • alla salvezza o alla dannazione gli esseri umani sono predestinati “ab aeternitate” (la 'strada' che conduce al Bene e quella, ad essa opposta, che conduce invece al male, risultano di fatto già 'segnate' fin dall'inizio dei tempi);
  • lungi dal doversi per questo conformare “passivamente” a quello che è il corso degli eventi, gli individui possono sperare di inserirvisi “attivamente” attraverso una pressocchè cieca o totale 'obbedienza' ai precetti divini.
Di qui:
a) l’esaltazione delle attività economiche e delle relazioni sociali, quali ambiti nei quali - più che in altri - è possibile 'render testimonianza’ di tale obbedienza;
b) la valorizzazione della ‘ricchezza’ e del ‘successo’ quali vere e proprie ‘dimostrazioni’ del fatto di continuare ad essere – e ad operare - 'nella Grazia' divina.


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