PLATONE
L’ALLIEVO E IL MAESTRO (VITA E OPERE).
Nato ad Atene nel 427 a.c., Platone rimane talmente colpito dal processo
intentato al maestro da elevarlo a simbolo di una crisi che,
dapprima limitata alla sola pòleis,
mostrerà ben presto di coinvolgere l’intera civiltà ellenica … : se Socrate, “l’uomo
più saggio e più giusto di tutti” – l’uomo che a
tutti rivolgeva domande, e da tutti
cercava risposte - viene chiamato
in giudizio, per poi essere condannato a morte dalla stessa ‘pòleis’ in cui è
nato e cresciuto, allora vuol dire che qualcosa, nella pòleis stessa, non và.
La tematica cui s’ispira tutto il pensiero platonico è quella di una giustizia che:
La tematica cui s’ispira tutto il pensiero platonico è quella di una giustizia che:
- in gioventù (399-388) vede
compromesso da una condizione d’ignoranza generalizzata
(i Trenta tiranni si servono di un letterato fallito, Meleto, per
sbarazzarsi della scomoda presenza di Socrate), oltre che dal prevalere di
interessi di parte (fra aristocratici e
democratici);
- in età matura (nel 367, e poi di nuovo nel 361) vede infrangersi contro la dura realtà dei fatti (il tiranno Dionigi I e, poi, il suo successore Dionigi II ‘il Giovane’, lo convinceranno ad allontanarsi da Siracusa per i suoi ‘sospetti’ legami con il consigliere Dione e con i circoli pitagorici).
Gnoseologia
“EIDOS”.
A) “Cosa” sono le idee.
Nei primi dialoghi (in cui il, confronto fra opinioni diverse, non approda ancora a nessuna verità conclusiva) viene enunciata la tesi secondo cui, la riflessione filosofica, può affrontare e superare il 'relativismo' dei sofisti soltanto a condizione che assuma, a proprio ‘oggetto’ d’indagine:
a) non tanto quelle ‘entità’ che – nel loro ‘apparire’ per me (nella particolarità dell’hic et nunc), si presentano - ai sensi - molteplici e mutevoli (piano dell’opinione, o ‘dòxa’, proprio delle 'entità' naturali);
b) quanto piuttosto quelle ‘idee’ che, nel loro ‘essere’ in se e per se (nella universalità del quid), se ne mostrano - alla ragione - come modelli unici e immutabili (piano della scienza, o epistéme, sostanziatesi di 'concetti' puri).

B) “Quali” sono le idee.
Nei dialoghi della maturità (dove, il confronto fra opinioni, lascia il posto a una contrapposizione più netta fra tesi ‘vere’ e tesi ‘false’) queste idee mostrano invece di venire in qualche modo ‘gerarchicizzate’, secondo un diverso livello d’importanza o ‘oggettività’:
a) le idee di valore, quali il Bene (etica), il Giusto
(politica) e il Bello (estetica);
b) le idee corrispondenti ai numeri (aritmetica) e alle figure
(geometria);
c) le idee di entità naturali (ad esempio ‘albero’) e
artificiali
(ad esempio ‘letto’).
Nei dialoghi della vecchiaia (dove, la corrispondenza di significato e significante, viene fatta discendere dall’esperienza del referente) si afferma esplicitamente che, le idee, sono di per sé problematiche perchè distinte e al contempo separate:
a) sia dal mondo (inter-soggettivo) del naturale,
dove le esistenze reali si mostrano materiali ma, al contempo, imperfette;
b) sia dalle menti (non-oggettive) degli uomini,
dove le essenze concettuali si mostrano perfette ma, al contempo, immateriali.
A tale problematicità è possibile ovviare solo se si ammette che,
le idee, vanno a sostanziare di se una dimensione
a-temporale e meta-empirica (o ‘trascendentale’) …
una dimensione, questa, che - posta “al di là” di tutto ciò che è soggetto a divenire - il
filosofo chiama “iper-òuranos” (= ‘al di là’
del'ultimo cielo, per sottolineare come esso risulti “in-esperibile” per mezzo dei cinque sensi) …
… laddove:
b) se le idee si offrono come condizione di ‘esistenza’ (metessi
= partecipazione) delle entità naturali;
- Come un artigiano realizza un prodotto ‘guardando’, con la sua mente, ad un progetto preesistente, così il divino (il creatore) produce il mondo (il creato) ‘guardando’ alle idee.
a) le entità naturali si offrono invece condizione di
‘pensabilità’ (mimesi = imitazione) delle idee.
- E’ solo ‘percependo’ con i sensi ciò
che le entità hanno di diverso (le qualità accidentali) che, l’uomo, può
‘dedurre’ con la ragione ciò che esse hanno di identico (l’essenza universale).
Etica
“MENONE”: ANAMNESI (CONOSCERE E’ RICORDARE).
Nel “Menone” Platone mette in scena Socrate nel mentre che guida un giovane schiavo, del tutto ignaro di matematica, verso la dimostrazione di un teorema geometrico … : una scena, questa, a conclusione della quale il filosofo enuncia la tesi secondo cui ‘conoscere’ è ‘ricordare’ (‘anamnesi’ = 'rammemorare').
A supporto di una concezione “innatista” (che segna il distacco dal maestro) Platone vi afferma infatti:
- che, prima di ‘calarsi’ nel corpo,
l’anima di ogni uomo vive nell’iper-uranio, dove ha
modo di contemplare (‘possedere’) le essenze ideali di
ogni cosa, in tutta la loro pienezza;
- che venendo al mondo (ovvero incarnandosi in questo in questo o quel corpo) essa si 'priva' di tale contemplazione … e sente quindi il forte impulso a ‘tornarne’ in possesso.
Avallando l’esistenza di un Vero “in se” (si pensi all’esempio
del concetto di “uguaglianza” fra due triangoli, non esperibile per via
naturale) – accanto a un Bello in sé,
e a un Giusto in se – ciò che per
Platone accade nel processo conoscitivo è quindi che:
a) “mostrandosi” - ai sensi – per ciò che esse
hanno di temporalmente ‘diverso’ (o mutevole) …
b) … le entità
“stimolano” le anime …
c) … a “ricordare”
– razionalmente - ciò che esse hanno
di eternamente ‘identico’ (o immutabile).
“FEDRO”: L’AURIGA
E I DUE CAVALLI.
Nel “Fedro”, Platone assimila la condizione dell’anima umana a una biga alata guidata da un auriga (anima "razionale") e trainata da due cavalli:
a) l’uno bianco (anima “irascibile”) che tende ad
ascendere verso la “conoscenza” di ciò che è unico e immutabile … e che simboleggia quindi l’aspirazione
– spirituale - a ‘salire’ verso ciò che è alto
e nobile (il Vero, il Giusto, e il Bene);
b) e l’altro nero (anima “concupiscibile”) che tende
invece a discendere verso il “godimento” di ciò che è
molteplice e mutevole … e che simboleggia pertanto la tendenza
– corporea - a ‘scendere’
verso ciò che è basso e
triviale (i beni effimeri, la ricchezza, il successo, etc.).
Il significato dell’immagine è che - pur “aspirando”
nostalgicamente a ritornare all’iperuranio da cui proviene (per contemplare
quelle idee della cui natura “immortale” esse stesse sono fatte) - l'anima di ognuno trova nel “corpo”
una vera e propria “prigione”
… : una prigione, questa, da cui – anche dopo successive ‘reincarnazioni’ in altri corpi (secondo la dottrina orfico-pitagorica
della metempsicosi) - possono liberarla soltanto gli dèi, unici padroni e signori
del destino umano.

“SIMPOSIO”: ‘EROS’ COME
'DAIMONION'.
Nel “Simposio” si racconta di un banchetto presso la casa di Agatone, nel corso del quale i diversi partecipanti sono invitati a dire quello che pensano circa “Eros”; Fedro (che introduce sul rapporto fra amante e amato) Pausania (che distingue fra un amore ‘terrestre’ e un amore ‘celeste’), Erissimaco (che parla di Amore come ‘giusto equilibrio’) e infine Aristofane, che narra del “mito dell’androgino” (in origine gli esseri umani avevano ambedue i sessi ma, per invidia della loro ‘completezza’, Zeus decide di separarli, per far si che ogni sesso provi per sempre il desiderio di “ricongiungersi” al sesso opposto).
Prendendo spunto da quest’ultimo, Socrate interviene per affermare
che - come figlio di ‘poenìa’ (= ‘privazione’,
o ‘bisogno' da soddisfare) e ‘pòuros’ (= ‘possesso’,
o 'soddisfacimento' del bisogno), Eros ha in sé un qualcosa di divinamente demoniaco,
vera e propria croce e delizia di chiunque sia mosso dal desiderio
di ciò che non ha … : in quanto essere che si manifesta - nell’animo di
chiunque aspiri a conoscere ciò che è vero, giusto o buono in sé - nei termini
di una insopprimibile aspirazione a
‘possedere’ ciò di cui più sente la ‘mancanza’ (amare è ‘presenziarsi’,
nell’animo, di una ‘assenza’).
Politica
LE “TRE CLASSI” (STATALISMO E ORGANICISMO).
Nell’opera dedicata alla città ideale (“Kallìpolis” = la 'città bella') Platone esordisce contestando la convinzione sofistica secondo cui, la ‘Legge’, è inevitabilmente ‘faziosa’: perchè creazione dei più forti per ‘opprimere’ i più deboli, dei più ricchi per ‘sfruttare’ i più poveri ... o, al contrario (ma il senso non cambia), dei più deboli per ‘difendersi’ dai più forti, o dei più poveri per ‘non esser sfruttati’ dei più ricchi.
Di contro a tale tesi il filosofo afferma:
- che – come in un incontro sportivo
non più esservi equo arbitraggio senza arbitro (né arbitro senza equo arbitraggio)
- così non può
esservi esercizio della Giustizia senza Stato
né può esservi Stato senza esercizio della Giustizia (statalismo);
- che – come un organismo è tanto più
‘sano’ quanto più, i suoi organi, assolvono la funzione cui sono preposti
– così uno Stato è tanto più ‘giusto’ quanto più, le classi sociali che lo compongono, assolvono le mansioni per cui sono portate (organicismo).
Laddove, alle tre
‘classi’ dei filosofi, dei
guerrieri e dei cittadini, Platone attribuisce le tre funzioni:
a) del ‘comandare’
ciò che è giusto comandare (del prendere
le decisioni riguardanti il Bene
comune, come ad esempio quelle attinenti la Guerra o la Pace, con saggezza ‘razionale’);
b) del combattere o ‘lottare’
per ciò per cui è giusto combattere (del garantire il mantenimento dell’ordine, sia interno che esterno alla Comunità
tutta, con coraggio ‘irascibile’);
c) dell‘ubbidire’
a ciò cui è giusto ubbidire (del sovrintendere alla produzione, alla circolazione
e al consumo di ciò di cui
necessità la collettività, con temperanza
‘concupiscibile’).
IERI E OGGI (AUTORITA’, EQUITA’ E DIRITTI).
Perché l’arbitro possa continuare ad ‘arbitrare’ in modo equo occorre che vengano rispettate una serie di condizioni la cui esplicitazione fa, dei 10 libri della “Repubblica” il primo vero capolavoro del pensiero politico occidentale --- : condizioni, queste, la cui problematicità riguarda tuttora l’autorità (giuridica) dello Stato, l’equità (sociale) nei rapporti inter-personali, e i diritti (economici) dei singoli individui.
POLITICA - Il sapere dei
governanti non può non essere ‘disinteressato’.
– I Governanti riescono sempre
e comunque a prescindere
dai propri interessi personali … : perché i sapienti non
abbisognano di altro Bene all’infuori della sapienza stessa (cioè non
hanno altro ‘motivo’ di felicità all’infuori di quello derivantegli dalla pura ‘contemplazione’
del Vero).
·
Si discuterà sul livello di ‘autorità’
posseduto dallo Stato, come derivante dal livello di ‘imparzialità’ da esso dimostrato
nei confronti dei cittadini (‘sacralità’ del potere).
SOCIETA’ - Lo Stato detiene
il ‘monopolio’ dell’educazione.
– Lo Stato deve sottrarre alle famiglie, fin dalla
nascita, tutti i figli … : perché solo lo Stato può sapere da dove
deve ‘venire’ o dove deve ‘andare’ ognuno (soltanto lo Stato può
conoscere la ‘mansione’ da svolgere all’interno
dello Stato stesso, e per cui ognuno è naturalmente portato).
·
Si discuterà sulle ‘abilità’
degli individui, come derivanti da quantità e/o qualità delle ‘doti’
(pratiche e non) acquisite per via educativa (‘emancipazione’ politica).
ECONOMIA - I beni di tutti
gli abitanti devono esser messi ‘in comune’.
– Bisogna eliminare la proprietà privata e
mettere in comune tutti i beni materiali,
comprese le donne … : perché, il possesso di beni privati da parte di
questo o quell’individuo, finisce sempre per essere inevitabile motivo
di conflittualità o discordia
fra gli individui stessi.
·
Si discuterà sulla ‘felicità’
dei singoli, come derivante dal ‘soddisfacimento’ dei bisogni connessi
all’auto-conservazione e alla ri-produzione (‘integrazione’ economica).
LA “CAVERNA” (FRA TENEBRE E LUCE).
Con il “mito della caverna” (VII Libro della Repubblica) Platone:
a) si propone di descrivere il percorso formativo cui – per assurgere a ‘guide della
comunità’ - devono sottostare gli ‘apprendisti’ filosofi;
b) finisce con il delineare - separati in momenti propedeutici
l'uno all'altro - le diverse
tappe del cammino dell’uomo
verso la conoscenza.
Il 1° momento (piano della conoscenza 'sensibile', o ‘dòxa’
= ‘opinione’ soggettiva):
l’uomo ‘si libera’ dalle catene e - volgendo lo sguardo alle sue spalle
– ‘riconosce’ che la vera realtà è
data:
a) non dalle singole immagini (le
‘ombre’) prodotte dai raggi luminosi (1° grado della conoscenza = ‘immaginazione’);
b) ma dalle mutevoli entità sensibili
o concrete (le ‘statuette’) che, colpite dai raggi luminosi,
producono le ombre stesse (2° grado di conoscenza = ‘credenza’).
Il 2° momento (piano della conoscenza 'intelligibile', o ‘epistéme’ = ‘certezza’ oggettiva): l’uomo ‘esce dalla caverna’ e – volgendo lo sguardo alla fonte di ogni luce – ‘identifica’ la vera realtà:
a) non con le molteplici idee
intelligibili (i ‘raggi’) che, proiettate sulle statuette,
producono le ombre (3° grado della conoscenza = ragione ‘discorsiva’);
b) ma con quell’unico e vero
Bene (il ‘Sole’) che i raggi stessi produce, onde rischiarare ogni
cosa con la sua luminosità (4° grado della conoscenza = ‘intuizione’
intellettiva).
Nel primo momento le immagini ‘percepite’ (le
ombre proiettate) rimandano all'esistenza degli oggetti ‘reali’
(le statuette), così come nel secondo momento i concetti ‘pensati’ (i
raggi del fuoco) rimandano all’esistenza di una Mente 'pensante' (il Sole).
Viene quindi riproposto quel dualismo – idee (razionali)/entità
(reali) - cui Platone si è sempre mantenuto fedele nel corso di tutta la sua
riflessione .... ma con un afflato del tutto inedito, che è insieme ‘religioso’ e ‘politico’. Infatti:
a) se nel 1° momento l'uomo è indotto a liberarsi
dalle catene per ‘uscire' dal mondo delle 'tenebre' ed 'entrare' nel mondo della 'luce’
(ideale religioso);
b) nel 2° momento egli è invece spinto a rientrare
nel mondo delle tenebre per ‘rendere' i propri simili partecipi’
di ciò che ha scoperto nel mondo della luce (ideale politico).
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