mercoledì 19 ottobre 2016

MATEMATICA E FISICA

1 – Lobacevskij e Riemann (le geometrie 'non-euclidee').

Per secoli si era sempre creduto nel carattere di verità assoluta posseduto dalla geometria piana, o a curvatura nulla (la geometria euclidea) … una geometria, questa, per la quale esiste una ed una sola retta parallela passante per un punto esterno ad una retta data, e la somma degli angoli interni di un triangolo è sempre uguale a 180° (5° postulato).

Intorno alla metà dell’800, un esperimento’ di astro-fisica portò però a ‘constatare’ che, il triangolo immaginario costruito fra il pianeta Terra, il Sole e la stella Sirio, ha gli angoli interni ≠ 180°, e a ipotizzare di conseguenza che – attraverso la ‘negazione’ dell’evidenza del 5° postulato euclideo – si potessero ‘costruire’ geometrie ‘alternative’, non menovere’ di quella euclidea.

Di qui la nascita delle due geometrie ‘alternative’:
  • a curvatura negativa, o ‘iperbolica’ (Nikolaj Lobacevskij, 1792-1856), per la quale sono “∞” le rette parallele ad una retta data, e gli angoli interni di un triangolo < 180°
  • a curvatura positiva o ‘ellittica’ (Bernhard Riemann, 1826-1866), per la quale sono “0” le rette parallele ad una retta data, e gli angoli interni di un triangolo > 180°.


2 – Hilbert a Godel  (“intrascindibilità” di linguaggio e natura).

Per effetto delle implicazioni insite nella scoperta delle geometrie non-euclidee, fra 8' e '900 la cultura europea si trovò dinanzi:
a)      ad un ‘unico’ mondo (empirico) da descrivere;
b)      e – insieme – a ‘più’ codici (linguistici) con cui descrivere tale mondo.

Il 'formalista' David Hilbert credette di potersi dedicare alla ricerca di una sorta di “meta-matematica” con la quale soppesare la maggiore o minore ‘funzionalità’ di uno specifico modello matematico rispetto ad altri. Infatti:
a) se da un lato è vero che, alla matematica, non si era mai smesso di vedere come a un modello’ di sapere cui guardare per ‘impostare’ i modelli di ogni altro sapere (quasi fosse ‘eterno’, staticamente conchiuso o ‘definito’ in se);
b) è d’altro lato anche vero che, la stessa matematica, aveva mostrato di subire nei secoli diverse ‘metamorfosi’, con la nascita di ‘nuova’ matematica (gli infinitesimali, ad esempio) o con l’abbandono di ‘parti’ di essa (gli irrazionali).

In risposta al programma hilbertiano, Kurt Godel dimostrò però che la ‘fondatezza’ di un qualsivoglia modello linguistico non può essere dimostrata:

  • nè ricorrendo alla sola ‘esperienza’ del mondo naturale
Maggiore/minore “funzionalità” (empirica) – Impossibile stabilire quale modello, fra tutti i disponibili, risulti di fatto più ‘efficace’ ai fini di una descrizione (empirica) del cosmo … perchè impossibile è collocarsi ‘al di fuori’ del cosmo stesso per constatare la ‘forma’ ch’esso di fatto possiede (intrascindibilità della natura).

  • nè ricorrendo alla sola ‘facoltà’ intuitiva dell’uomo.
Maggiore/minore “verità” (logica) – Impossibile appurare la ‘non-contraddittorietà’ interna di un qualsivoglia modello ricorrendo a termini o enunciati (logici) appartenenti al modello stesso … perché ciò equivarrebbe al voler 'aggiustare' uno strumento 'ricorrendo' allo strumento stesso (intrascindibilità del linguaggio).



3 – Maxwell e Einstein: la ‘relatività’ (nuovi concetti di spazio, tempo e movimento.

Nel 1864 James Maxwell riuscì a spiegare l’insieme dei fenomeni elettrici e magnetici con una serie di formule che presupponevano – di contro a quanto creduto fino a quel momento – la ‘costanza’ della velocità con cui, le ‘onde’ elettromagnetiche stesse (fra cui  luce), si propagano nel vuoto.

Nel 1905, Albert Einstein pubblicò uno scritto in cui si sosteneva che:
a) posti due sistemi di riferimento inerziali P1 (in quiete) e P2 (in moto alla velocità della luce, pari a 300.000 km/s circa);
b) e posto il movimento di una particella di luce (o ‘fotone’) nello stesso verso, o direzione di P1;
c) la particella mostrerebbe di percorrere 300.000 km/s circa all’osservatore P, ma 0 km/s all’osservatore P1.

Così, ad esempio, se noi fossimo posti al centro di una stanza, e se al centro della medesima stanza, sopra di noi, fosse collocata una pila elettrica emittente luce sia innanzi che dietro di noi, la luce:
a) dovrebbe impiegare un egual tempo, e percorrere un eguale spazio, per raggiungere sia la parete innanzi che quella dietro di noi (se la stanza, cioè il sistema di riferimento, fosse ferma);
b) ma impiegherebbe tempi diversi, e percorrerebbe spazi diversi, per raggiungere le due pareti (se la stanza medesima fosse, invece, in movimento in avanti o all’indietro).

Dai calcoli matematici risulta infatti che, un mutamento della velocità, comporta:
a)      un ‘rallentamento/accellerazione’ dei tempi impiegati;
b)      e un ‘accorciamento/allungamento’ degli spazi percorsi; …
… che c’è insomma un rapporto di “proporzionalità” diretta fra materia ed energia, e che il fattore di “trasformazione” dell’una nell’altra è dato proprio dalla velocità della luce (E = m x c ).

Lungi dal poter continuare ad essere considerati valori ‘fissi’ o ‘assoluti’, valori come quello di “intervallo” (spaziale) e quello di “simultaneità” (temporale) devono insomma iniziare ad esser considerati valori ‘mutevoli’ o ‘relativi’ alla condizione di ‘quiete’ o di ‘movimento’, del sistema di coordinate da cui vengono ad essere ‘osservati’ e ‘misurati’.

 4 – Planck e Heisenberg : i ‘quanti’ (certezza e ‘probabilità’ del nesso causale.

Nel 1900 Max Planck osservò che, l’energia emessa o assorbita in un fenomeno fisico qualunque, deve essere intesa come una ‘grandezza’ non ‘continua’ ma ‘discreta’ (o ‘quantum’), in quanto sempre ‘multipla’ di un dato valore ‘elementare’ equivalente a:


Nel 1926, Werner Heisenberg ne dedusse che, mentre nel mondo dei fenomeni di energia superiore ad ‘h’ (di natura ‘corpuscolare’) è ancora possibile prevedere ‘con certezza’ posizione e movimento dei fenomeni stessi, nel mondo dei fenomeni di energia inferiore ad h (di natura ‘ondulatoria’), la previsione è invece da considerarsi non ‘certa’ ma soltanto ‘probabilistica’.

Nel mondo delle particelle sub-atomiche, l’atto osservativo risulta infatti esso stesso un ‘fatto’, in quanto atto in grado di condizionare i fatti osservati (colpiti da un fotone, le particelle sub-atomiche non possono fare a meno di assorbirne il corrispondente ‘quantum’ di energia, e ritrovarsi in luoghi e/o tempi diversi da quelli previsti secondo le leggi della meccanica classica) … : e - per il reciproco escludersi di misurazione della posizione e misurazione del movimento - risulta pertanto ‘strutturalmente’ impossibile 'distinguere’ - ciò che è effetto da ciò che è causa, o viceversa.


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